Cavatore, 18 giugno 1651. Nell’acquese, quell’anno o, meglio, dal giugno dell’anno precedente, vi fu un pessimo tempo: piovve spesso e a dirotto, grandinò a più riprese rovinando irrimediabilmente i raccolti ( “sul finaggio di Melazzo molti campi ch’erano pieni di fromento guastati, e rovinati”), la frutta non maturò. Si pensò quindi all’opera nefasta di qualche strega o di qualche fattucchiera. Il tribunale vescovile di Acqui, accogliendo le sollecitazioni che venivano dal popolo, accusò quattro donne: due di Acqui ( Caterina Perona detta la Canetta e Claretta Braiera), una di Ponzone ( Gioanina Mignona) e una di Cavatore ( Margherita Grattarola).Tra gli accusatori di quest’ultima,detenuta nelle carceri vescovili, si segnala Guglielmino Barberio di Cavatore, che così depone: “ Circa dieci o undeci anni sono Margarita nominata la Chiecca d’esso luogo di Cavatore passò presso Gioannina moglie di esso Constituto qual arancando della caneva, haveva posto in terra sopra un lenzuolo una sua figlia nominata Francesca Maria, qual poteva esser d’un anno in circa, e così passando essa Margarita toccò detta figlia, con dir: O che bella matota è questa, e subito in partirsi detta Margarita la suddetta creatura si mise a piangere, e a gridare, e si amalo’ grandemente, restandovi per molti giorni la carne negra con i segni delle dita su le coscie presso le angenaglie ove detta Margarita l’haveva toccata. E correndo voci che detta Margarita fosse una strega fui consultato ad andarla a trovar, e minacciarla ben bene perché mi guarisse detta creatura, et così andai a trovarla, e gli dissi che non potendo esser’altro che mi avesse nociuto detta creatura se non lei, ella doveva farmela guarir perché altrimenti se quella creatura mi moriva io ardiva strozzarla bene e farla morire lei ancora. Et ella mi rispose che la figlia sarebbe guarita che non era lei che l’havesse nociuta, e che io andassi a far’il fatto mio, e cose simili; però replicandole io le minacie me ne andai per dove havevo da andare, e la sera poi tornato a casa, trovai detta figlia esser migliorata molto onde poi ella guari’ et vive ancora se bene non compitamente che di tanto in tanto se sente qualche indispositione, qual si crede essere causata dal detto accidente”. Il Barberio dice inoltre di aver sentito che la donna “ diverse volte quando è in collera con qualched’uno è facile a prorompersi in bestemmie et imprecationi dicendo vi possa venir la peste e cose simili; e da diverse persone è tenuta per una strega”. L’hanno detto fra gli altri Gio Maria Camparotto, “ qual fu quello che gli consigliò di minacciarla” . Pietro Alessandro , “ e lo diceva anco padre Deodato Verdese quando era vivo e altri”.
Margarita venne interrogata il 20 luglio. A proposito della sua nomea di strega, racconta: “ Alquanti anni sono non so se siano otto, o più per certa differenza d’un castagneto venne a casa mia il fu Alfier messer Pietro Tornato a bravarmi, et minacciarmi che io non andassi in quel castagneto, e fra le altre ingiurie mi diede della Masca, e da quel tempo in qua altri ancora all’essempio d’esso Alfiere strapazzandomi perché sono povera donna, mi dicono l’istessa ingiuria “ . Ella dice di conoscere Guglielmino Barbieri, e aggiunge:”A questo proposito m’occorre dire, che una volta havendo io in un facioletto alquante ova di galina, che le portavo al fu Giovannino Biandrate mi incontrai in detto Gugliemino, qual era in compagnia d’una donna nominata Catharina moglie del fu Giovanni Caretto, essa mi fece istanza che gli dessi a lei quelle ova, che m’ havrebbe dato in ricompensa tanto sale lei, e così gliele diedi, e gionta essa a casa sua ella mi diede una brancata di sale; indi poi ad alcuni giorni il detto Gioanni Caretto mando a chiamarmi, e quando fui ivi cominciò con ingiurie e minacie a dirmi, che voleva che io gli guarissi un suo figliolo, che all’hora era amalato, e dicendoli io, che non essendo io Iddio da poterti dare la sanità, non sapevo che farli, et essendovi ivi diverse persone, chi trasse mano a forcali, chi a tirarmi delle pietre e chi in altro modo a volermi offendere, onde mi fugii alla Moglia a casa mia; E dicendo io all’hora fu padre Deodato Verdese che io volevo dar querella di quelli mali trattamenti, et infamie, che m’erano fatte, esso padre mi persuadeva a portar tutt’in pazienza, e non parlarne”.