Rosa era una ragazza quando le Brigate Rosse organizzarono il covo di Cascina Spiotta, una casa isolata e panoramica situata ad Arzello di Melazzo. Provava una istintiva simpatia per una donna bella ed elegante, che spesso cambiava colore di capelli, ma, si sa, che i cittadini a volte sono bizzarri. Certo non poteva immaginare che la prof.ssa Marta Caruso fosse in realtà una figura di primo piano della organizzazione terroristica. Rosa provo’ anche un sincero dolore alla sua morte, avvenuta in uno dei episodi più discussi della storia italiana del secondo dopoguerra.
Rosa, tu sei nata in questa casa ad Arzello di Melazzo, posso chiederti in che anno?
Io sono nata il 25 aprile del 1952, sono nata qui e qui sono cresciuta. Mi sono sposata nel 1973 e sono andata ad abitare ad Acqui con mio marito, in un piccolo appartamento. Lui lavorava in una officina meccanica ad Alice Belcolle. Qui avevo la mamma ed il papà, ma purtroppo, un paio di anni dopo il mio matrimonio, lui è morto. Ho una sorella che abita ad Acqui Terme, lei ha lavorato una vita in un laboratorio di analisi. Io mi sono fermata a casa ad aiutare la mia famiglia perché avevamo diecimila viti da coltivare…
Anche io amavo studiare, ma mia sorella era molto brava e ci tenevo che lei continuasse ….a quattordici anni andavo nella vigna, lavoravo come un uomo.
Quando hai conosciuto Margherita Cagol?
La signora si era presentata come Marta Caruso, prof.ssa Marta Caruso. Era pressappoco il 1971. Quando noi decidemmo di sposarci, lei portò un regalo, un frullatore, un minipimer, uno dei primi…
Non penso che molti in Italia possano dire di avere ricevuto un regalo dai signori Curcio e Cagol…
Veniva spesso in questa casa. Mia mamma tirava fuori la formaggetta, i salamini… lei veniva a comprare.
Lasciava l’auto lì in fondo alla strada, ma non era lei a guidare, c’era sempre uno che la scaricava, lui girava la macchina pronto per andar via e non scendeva. Chi la accompagnava non scendeva mai dall’auto, mai.
Ti sei mai chiesta chi fossero le persone che l’accompagnavano?
Mah sapevo che spesso venivano degli amici, non ho mai avuto il minimo sospetto. Non mi ha mai detto di andarla a trovare. Però, c’è stato un momento in cui, io ero già sposata, ci chiesero se volevamo prendere l’uva della loro vigna, che nessuno coltivava. Mio marito disse di si ed in cambio demmo loro del vino.
Lei non venne mai ad aiutarci, suo marito passava a controllare il nostro lavoro. Mio padre diceva che quello lì era mezzo matto, perché aveva la barba nera ed i capelli rossi. Mio papà era nato nel 1904 e non era abituato alle stranezze…era sordo, ma la signora Marta si avvicinava a parlargli con calma e si faceva capire. Mio papà la rispettava tanto e diceva che era una donna come si deve.
Col senno di poi qualcosa di strano nel suo comportamento c’era: si sedeva qui, in cucina e teneva la borsetta in braccio e io le dicevo: “ Signora Marta mi dia la borsetta che gliela appendo” ma lei rispondeva: “ No no sta bene così “. Dentro la borsetta c’era la pistola…. Col senno di poi…ma come potevo pensarlo?
Il marito era meno socievole?
Molto meno socievole, parlava poco, lo stretto necessario: “ Buongiorno. Buonasera. Come va?”
Ma si faceva vedere molto poco. Non stavano sempre lì, andavano e venivano. Però c’era sempre gente, donne io non ne ho mai viste, più uomini.
Veniamo a quel 5 giugno 1975
Io ero ad Acqui. Mio papà era già mancato e qui c’erano mia mamma e mia zia spaventatissime…temevano che arrivassero da loro, che le minacciassero…una paura terribile, gli elicotteri sulla testa, carabinieri che andavano e venivano. Io ero incinta di mio figlio, una gravidanza non facile, stavo male ma volevo venire su da mia mamma, che sapevo sola, ma non mi facevano passare. Per me l’unico modo per vedere come stava mia mamma era venire personalmente a casa. I fatti di quel giorno mi sono stati raccontati.
Quindi sei venuta a sapere che la donna che conoscevi come Marta Caruso era in realtà Margarita Cagol..
Mio marito ed io ci siamo rimasti di stucco, mai potevamo pensare che quella donna, così per bene, fosse una terrorista. Era molto cordiale con tutta la nostra famiglia, anche se forse era l’unica casa che frequentava… Non ha mai parlato della sua famiglia, diceva solo che il marito lavorava a Torino mentre lei lavorava a Milano. Andavano a fare la spesa ad Arzello, stavano qualche giorno e poi se ne andavano.
Mi è dispiaciuto per lei, le ero affezionata.
Sai se le sorelle, giunte per il riconoscimento, siano venute sul luogo della morte?
No non ho mai saputo di questo, so solo che ogni anno al 5 di giugno qualcuno porta dei fiori.
Prima che comprassero gli attuali proprietari, i fiori venivano portati su, davanti alla casa, sul prato. Adesso c’è un cancello e non si può più entrare…Ora c’è un resort molto bello gestito da olandesi…
Io non sono mai più andata in quella casa!
Ero in gravidanza e tutta questa situazione non fu affatto piacevole: dovetti andare a Torino, ad Alessandria per rilasciare testimonianze. C’era un clima di paura, perché si pensava che le Brigate Rosse potevano essere ovunque. Tutti avevano paura e noi che eravamo lì vicino, noi come i Pagliano, ne avevamo tantissima.