Uomini, alpini, eroi:
Alpino Ghiglia Pietro Angelo: Presente
Denice (Al), 13-12-21
Guardare fin da bambini quella foto sbiadita dal tempo posta lì sul bureau come un’icona, fa crescere la voglia di saperne di più di questo nonno, che vestiva con tanto vigore e dignità la divisa da alpino. Questi sono stati i pensieri maturati nel tempo da Marisa e Angelo Ghiglia nipoti dell’alpino Ghiglia Pietro Angelo, ma da tutti chiamato “Angelo”, caduto durante il conflitto della Grande Guerra.
Così dopo un po’ di ricerche ormai gli ultra settantenni Marisa e Angelo con piacere ricordano il nonno “Angelo”, quel giovane uomo che ha lasciato le Langhe, la sua amata Roccaverano e soprattutto la famiglia creata da poco, per rispondere alla chiamata alle armi di quella guerra, che si è guadagnata il titolo di Grande per il ampio numero di vittime che ha fatto.
Con gli occhi lucidi dall’emozione tengono in mano la foto custodita per anni gelosamente, scorrono con lo sguardo l’atto di nascita, l’atto di matrimonio, lo stato di servizio e la comunicazione della morte del nonno, questo è un modo per far sì non cada nell’oblio, come a ricordare che non sia morto invano.
Mi piace rivivere con loro il breve excursus della vita dell’alpino Ghiglia Pietro “Angelo”.
Ghiglia Pietro Angelo era nato nel comune di Ponti (Al) nel cui Registro delle Nascite si legge: Il 7 novembre 1889 nasce a Ponti nella casa posta in Regione “Foresto” Ghiglia Pietro Angelo, figlio di Ghiglia Giovanni di anni trentadue, contadino, domiciliato a Roccaverano e di Gabita Maddalena sua legittima sposa, contadina.
Dopo un po’ di ricerche a Ponti non si è potuto risalire, dove fosse questa casa o regione “Foresto”, ma si è ipotizzato che la famiglia fosse di passaggio e il termine “Foresto” indicasse che fossero forestieri, perché sia prima sia dopo la nascita di Pietro Angelo la famiglia Ghiglia ha sempre dimorato a Roccaverano.
Non si sa molto della vita del giovane sino al giorno delle sue nozze officiate a Roccaverano (At). Così si può leggere nel Registro dei Matrimoni: il 28 marzo 1915 è celebrato il matrimonio a Roccaverano tra Ghiglia Pietro Angelo nato il 7 novembre 1889 a Ponti, contadino, figlio di Ghiglia Giovanni e Gabito Maddalena e Garbarino Maria nata il 28 aprile 1896 a Roccaverano, contadina, figlia di Garbarino Michele di Roccaverano e Canepa Teresa di Roccaverano.
Da quest’unione d’amore, l’anno successivo il 5 febbraio 1916 a Roccaverano nella casa posta in Regione Vallone n. 13, nasce il figlio Michele.
Possiamo solo immaginare la gioia di questo neo padre, mentre stringe al petto il primo figlio, ma la guerra incombe. Ghiglia Pietro Angelo è chiamato alle armi il 1° maggio 1916, giunge al 1° Reggimento Alpini il 6 maggio 1916 e raggiunge il territorio dichiarato in stato di guerra il 22 settembre 1916.
La “sua guerra” dura poco meno di un mese, l’alpino Pietro Angelo muore prigioniero del nemico sul monte Pasubio il 19 ottobre 1916.
Intanto la giovane moglie, ignara dei terribili eventi che gli hanno strappato via il marito, attende notizie dal fronte che non arrivano, non arrivano lettere e tantomeno comunicazioni ufficiali fino al giorno 18 agosto 1917, quando giunge al Comune di Ponti la relazione del Ministro della Guerra di Roma datato 11 agosto 1917, in cui si legge: Copia di traduzione Ufficiale di atto di morte compilato dal nemico, Cappellano Militare dell’ i.r. (abbreviazione di Imperiale e Regio esercito, esercito Austro-Ungarico), Reggimento Kaiserjager tirolesi (Kaiserjager Tirolesi, tradotto in italiano “Cacciatori Imperiali Tirolesi”).
Con queste carte è comunicata la morte del giovane alpino avvenuta dopo poche settimane di permanenza in zona di guerra a solo ventisette anni.
L’alpino Pietro Angelo Ghiglia muore il 19 ottobre 1916 sul Pasubio, circondario di Rovereto – Tirolo, (Elenco del Ministero della Guerra n. 652/42 in data 20 luglio 1917). È sotterrato il 20 ottobre 1916 sul Pasubio alla presenza di due cacciatori (“cacciatori” sono chiamati i soldati del 3° Reggimento Kaiserjager Tirolesi), testimoni del seppellimento e alla presenza del Sacerdote Joseph Preuner curato di campo, che firma e compila il verbale di morte (Posta da campo n. 395 lì 5 dicembre 1916).
Questo giovane alpino, neo padre, cessa di vivere lontano da casa, combattendo una guerra di cui non sapeva le ragioni storiche, ma ubbidisce combatte e muore sulle montagne brulle a ottobre, quando già il freddo si fa sentire ed entra nelle ossa. Muore lontano da casa, senza aver visto il mondo, avendo solo conosciuto le sue amate Langhe e soprattutto avendo lasciato la sua giovane moglie e il piccolo Michele detto “Michen”, che crescerà senza di lui, senza l’affetto di una carezza paterna. Questo bambino orfano di padre vedrà ogni giorno quante difficoltà dovrà affrontare la sua mamma in un’epoca tanto difficile per le donne in genere, soprattutto se vedove. Tantissime famiglie e tantissimi bambini ebbero la vita sconvolta dalla perdita di un loro caro, vissero di riflesso la prima guerra mondiale come un fenomeno storico che lasciò come un vuoto generazionale nella popolazione di allora.
Questa è una piccola storia di un alpino nato casualmente a Ponti ma che è come un albero con le sue solide radici e suoi rami a Roccaverano, lascerà la sua terra e non tornerà più.
Il nome di questo giovane alpino caduto è stato iscritto nell’elenco del monumento ai caduti di tutte le guerre di Ponti (Al), (suo paese di nascita), e sulla lapide commemorativa di Roccaverano (At) (paese di origine dei sui genitori e dove ha sempre dimorato). Il 4 novembre, ogni anno, con grande rispetto e nello spirito alpino, in questi due paesi è scandito il suo nome e salutato con l’Inno d’Italia e gli squilli di tromba del brano Il Silenzio. A Ponti è commemorato col suo primo nome “Pietro”, mentre a Roccaverano col suo secondo nome “Angelo” perché così era abitualmente chiamato dai suoi compaesani.
Oggi son qui a Denice con i nipoti emozionati nel maneggiare la documentazione storica del nonno Angelo, sorridono pensando e sperando che il corpo del nonno alpino abbia avuto una sepoltura religiosa, vista la presenza del cappellano militare, piccola e amara consolazione dettata dalla loro profonda fede cristiana.
Un pensiero, un grande desiderio accomuna i nipoti Marisa e Angelo: vorrebbero sapere, dove è sepolto il loro avo per andare almeno una volta a deporre un fiore e far si che non cada nell’oblio la sua memoria, diventando uno dei tanti soldati, alpini, eroi dimenticati.
Poiché le ricerche della famiglia volte a trovare il luogo di sepoltura dell’alpino Pietro Angelo Ghiglia non hanno dato i frutti sperati, i nipoti Marisa e Angelo Ghiglia oggi fanno affidamento al grande cuore degli alpini perché li aiutino a trovare una lapide, e si possa scoprire dove è stato sepolto o in quale sacrario vi sia una targa commemorativa che lo ricordi.
Maria Antonietta Doglio