Ca’ de Scaletta

Di Liliana Scaletta

di Marina Levo

…. E poi arrivava il giorno che non era quello stabilito per cuocere il pane e nella grossa cesta rivestita con il fazzolettone bianco e blu a quadretti restavano più briciole che fette. Era quello il momento in cui toccava a mia nonna Clotilde risolvere il pranzo o la cena. Con pochi ingredienti, farina, acqua, sale e un poco di olio, impastava con gesti usuali e consolidati nel tempo un panetto che, dopo averlo steso, lo cuoceva sul coperchio rovente della stufa, quasi perennemente accesa in ogni stagione. Le sue abili mani lo giravano e rigiravano fino a quando il disco bianco di pasta si ricopriva di tante piccole bolle abbruscate al pari del dorso delle mani di nonna chiazzate di macchie scure che raccontavano l ‘età e le fatiche della sua vita.
Era il ” tirot”, il pane dell’ ultimo momento, il pane che riempiva la pancia e accompagnava la pietanza… Il ” cotto e mangiato” di quei tempi.
Sicuramente il nome deriva dal gesto con cui si tirava col mattarello la pasta, ma io che sono un’ eterna romantica sognatrice associo questo nome al gesto veloce con cui mia nonna lo adagiava in tavola, quasi tirandolo perché scottava, accompagnato da pochi soffi veloci sulla punta delle dita e dallo strofinio delle mani sul grembiule.
L’ineguagliabile, insostituibile grembiule nero che serviva innanzitutto a salvaguardare il vestito, ma diventava all’ occasione un asciugamano per le mani, per portare in casa le uova, la verdura. Per me era il fazzoletto con cui asciugava le mie lacrime, il manto con cui mi riparava e mi nascondeva dalle ire genitoriali quando ne combinavo qualcuna.
Oggi mentre lo rifaccio usando gli stessi semplici ingredienti di allora impastati con meno abilità della nonna, cuocendolo sulla piastra perché non mi sono azzardata a farlo sulla stufa, mi viene quasi spontaneo usare alcuni termini che abbondano nelle trasmissioni di cucina:
Q. B. e GOURMET, ma poiché non tradisco e sono orgogliosa della mia origine contadina, dico ” A BREZIO e CUN ROBA BONA”. Non ho pesato gli ingredienti e l’ho gustato con l’ eccellenza del territorio di Turpino ovvero la formaggetta condita con olio e profumata con il timo come non ci fosse un domani e con qualche sottile e profumata fetta di mortadella tanto per ricordare che a quei tempi si comperava al posto del più caro prosciutto cotto.
Ho rinnovato un poco il nome e l’ ho chiamato “TIROTTINO” cioè la piadina di Turpino in barba alla più famosa romagnola.
Per rispetto alla mia mamma ho cotto anche quello che faceva lei in tempi più recenti, quello fritto nell’olio che non aveva il compito di riempire lo stomaco ma di soddisfare la gola ogni qualvolta si voleva uno sfizio.
L’ ho chiamato “BRICCHETTO” perché il disco di pasta bitorzoluto spalmato di ” bergunzola” mi ricorda il manto verde argenteo del bricchetto dietro casa ricoperto di timo.
TIROTTINO o BRICCHETTO in ricordo, per rispetto e gratitudine e con amore verso le due donne che con i loro uomini hanno scritto la storia della mia famiglia a CA’ de SCALETTA dalla fine dell’ ottocento alla fine del novecento…. e a quella bambina nella foto, che rappresenta una donnina in miniatura e che sarebbe stata ed è l’ ultima donna della mia famiglia!
P. S.
La foto è datata 15 agosto 1960. Ritrae a sinistra mia mamma Teresina, trentunenne, con uno dei suoi tanto amati grembiuli modello a godet cucito da lei, pianelle bianche e nere, una chicca per quei tempi.
A destra mia nonna Clotilde, ottantatreenne, con il suo abbigliamento abituale a memoria mia e tipico del mondo contadino di allora… foulard nero e grembiule scuro. In mezzo ci sono io, la piccola Liliana, poco più di 8 anni con vestitino semplice e coprispalle tutto rigorosamente cucito a mano dalla mamma, capelli in ordine, bel lisciati e ornati con un fermaglio.
Paricolare: tutti rigorosamente con maniche lunghe e riavvolte fin sotto il gomito. Non credo fosse per il freddo a ferragosto, ma penso sicuramente che dimostrino il profondo rispetto che si aveva per la festività e per l’ ospitalità, non solo attraverso un buon pranzo, ma anche indossando abiti consoni all ‘ occasione.
La signora savonese, che è in secondo piano era con la famiglia ospite a Ca’ de Scaletta.
Semplici sì, ma di buone maniere.

 

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