Carlito. Brano tratto da Estate grande di Valter Monti

di Marina Levo

Un giorno mi ero fermato sulla porta aperta a spiare Carlito intento a forgiare un pezzo di legno. Lavorava di scalpello con colpi brevi e precisi, con ritmo, fermandosi ogni tanto a fissare l’oggetto che prendeva forma.

In una di quelle pause, accese una sigaretta e voltatosi, vedendomi sulla soglia, mi invitò a entrare.

Indugiai un istante intimidito dall’anziano immerso in quel suo regno appartato e misterioso. Estrasse da una credenza un involucro dalla carta argentata, mi porse un quadratino di cioccolata.

Con un sorriso appena accennato disse – L’ho portata dalla Francia, è molto buona -.

Il gusto del cacao mi scivolo’ in gola amarognolo impastandomi le papille di incanto.

Come sapeva di Francia quel dolce amaro, di altre contrade, d’altri cieli, altri mari.

Carlito il confine lo passò una notte di aprile nascosto dentro un carro merci.

Alle prime luci dell’alba attraverso le fessure del vagone vide il mare, un’immensa distesa grigia, languida, fredda, che occupava l’intera visuale e gli mise addosso un infantile sconforto.

S’accascio’ sul pavimento sudicio, rinserrato nel pesante cappotto non cercò neppure di trattenere le lacrime e al rullio del treno si addormentò.

Si destò quando il convoglio rallentò stridendo sulle rotaie, raccolse in fretta le sue poche cose e scese gettandosi lungo la scarpata in aperta campagna.

Seguendo i binari si mise in cammino verso il centro abitato. Giunse al porto a mezzogiorno e in mezzo alla confusione, tra gente sconosciuta, sulle banchine, davanti a tante vele spiegate, la città bianca, accarezzata da uno screziato sole, lo animò.

Estrasse dalla tasca interna della giacca un foglietto dove era scritto un indirizzo, lo mostrò ad un passante il quale, con gesti precisi, gli indicò la strada che doveva raggiungere.

Era fuggito per un soffio all’agguato delle camicie nere. Qualcuno all’ultimo momento lo aveva avvertito.

Quando il manipolo con il manganello batte’ alla porta, Carlito era già lontano. In sella alla sua bicicletta, al chiaro di una smorta luna, stava attraversando la campagna, con il cuore in gola, volava verso la stazione ferroviaria.

L’uscio cedette sotto i colpi violenti dei vandali che, non riuscendo a scovare la loro vittima, si accanirono sulle cose. Distrussero tutto senza ritegno.

Dopo il fatidico Settembre, Carlito tornò alla sua casa e lo scempio che si trovò di fronte, nelle stanze devastate dalla furia fascista, lo raggelò. Non avevano risparmiato nulla, sembrava di essere in un campo di battaglia, mancavano solo i morti.

Impiegò giorni per pulire e riordinare le poche cose rimaste integre, qualche suppellettile, una sedia, una foto in cornice della madre, che estrasse indenne dalle macerie sul pavimento.

Se ne andò un’altra volta, sali’ in collina con i suoi compagni.

I suoi compagni avevano strani nomi. Lampus, Jimmi, Tarzan, Tigre, Lucifero, Morgan. Lui si chiamò Rosso, forse per via del colore dei capelli.

Mi mostrò una foto un poco scolorita che lo ritraeva insieme ad un altro uomo, in piedi, al colmo di un crinale. Indossava calzoni alla zuava, calzettoni e scarponi, una giacca militare, un sorriso largo gli illuminava il volto, l’altro, più alto di lui, vestiva un cappotto di pelle, aveva capelli lunghissimi, barba fluente, due occhi grandi e penetranti, entrambi tenevano in spalla lo sten.

-Questo è Morgan, il partigiano più coraggioso che ha combattuto sulle nostre colline – disse con voce tremula.

-Un uomo, un comandante dalla tempra eccezionale- continuò appassionato – i partigiani del paese non erano niente, rubagalline, gradassi senza meriti, imboscati.

Vennero fuori dalle loro cantine il giorno della Liberazione e l’unica azione che fecero fu quella di rapare a zero in piazza qualche sgualdrina che s’era accoppiata con i tedeschi – disse con tono sarcastico.

Fissò la fotografia come se con l’intensità dello sguardo avesse potuto vivificarla

-Chissà dove sarà Morgan – disse con voce intrisa di rimpianto.

Poi qualcuno a gran voce lo chiamò, scivolai via con in testa i suoi racconti e il dilemma preferito .

Chissà dove sarà Morgan.

 

 

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