Lauro Azzolini, l’ex brigatista rosso iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Torino in quanto, secondo gli inquirenti, sarebbe il terrorista mai identificato presente alla Cascina Spiotta, nell’Alessandrino, durante il sequestro dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia, il 5 giugno 1975, è stato convocato nelle scorse ore a Milano dai procuratori che indagano sulla vicenda.
Insieme al suo legale, Davide Steccanella, Azzolini si è presentato nella caserma dei carabinieri Moscova, dove ha chiesto che venisse messa agli atti una sua dichiarazione.
“Con riferimento a quanto avvenuto il 5 giugno del 1975 alla cascina Spiotta di Arzello non sarei comunque in grado di fornire elementi utili, posto che io non ho partecipato al sequestro Gancia, né tantomeno ero presente alla sparatoria in cui è morta, oltre al carabiniere D’Alfonso anche Margherita Cagol”. Azzolini ha evidenziato di avere appreso della morte di Cagol “solo dai telegiornali dell’epoca”.
Lauro Azzolini ha aggiunto che “quanto alla circostanza che mi viene contestata, e relativa al fatto che sarebbero state rintracciate mie impronte sul documento che ricostruiva le fasi di quel tragico conflitto a fuoco, la cosa non mi sorprende più che tanto, perché quel documento venne visto e letto oltre che da me anche da tutti o quasi i membri dell’organizzazione nelle rispettive colonne, dato che riportava nel dettaglio come era avvenuta l’uccisione di una delle fondatrici delle Brigate rosse, una persona peraltro molto cara a tutti noi”.
Azzolini ha sottolineato nella memoria che la ricostruzione della morte di Cagol, moglie di Renato Curcio “all’epoca emotivamente mi colpì molto, perché da quanto si leggeva si traeva l’impressione che Margherita Cagol fosse stata uccisa quando ormai si era arresa disarmata”.
L’ex brigatista non ha voluto aggiungere altro e non ha risposto alle domande dei magistrati “Altro non mi sento di aggiungere né di commentare in merito a quel fatto o ad altro, per cui, arrivato alla soglia degli 80 anni, non mi resta che attendere che la giustizia faccia il suo corso”.