A piedi al Todocco

Racconto di Silvana Guarina in Racconti del Piemonte 2023

di Marina Levo

 

Da Racconti dal Piemonte ’23 volume 1

A PIEDI AL TODOCCO.

«È una vergogna.» borbotto fra me e me.

«Cosa?» mi chiede mio figlio mentre mi aiuta a sparecchiare la tavola.

«È una vergogna abitare in aperta campagna e stare sempre chiusi in casa!» spiego. «Noi siamo fortunati: abbiamo prati e boschi tutt’intorno e dalla nostra collina possiamo godere di una vista stupenda e respirare aria pulita. Qua intorno ci sono sentieri e bei percorsi da fare! Ho deciso: domattina parto presto e vado al Todocco.»

«Non sei allenata, non ci arrivi di sicuro e poi c’è la neve, fa freddo.» interviene mio marito tentando di smorzare il mio entusiasmo.

«Il solito pessimista!» ribatto «Sai quante volte prima, durante e nel dopoguerra l’hanno percorsa i nostri genitori a piedi, in processione?» gli chiedo «Poi non sarebbe la prima volta per me. Comunque, in caso le gambe non ce la facessero più, vorrà dire che mi verrai a prendere con la macchina!»

La sveglia suona alle sei, il tempo di prepararmi, bere un caffè e prendere una bottiglietta di spremuta d’arancia e una d’acqua e mi metto in cammino.

Il percorso è tutto su strette strade comunali che ormai sono sgombre dalla neve caduta abbondante due giorni fa. L’alba è stupenda, la luce rosata scaccia le tenebre della notte, liberando il paesaggio bianco e evidenziando la strada nera di asfalto bagnato. Lascio alle mie spalle la Torre di Vengore e con baldanza mi immetto nella provinciale che mi porterà a Roccaverano. Svoltata la prima curva infatti il piccolo paese arroccato sulla collina mi appare in tutta la sua magnificenza: con la torre e il campanile che svettano sopra i tetti imbiancati. Mi fermo un attimo per fare il primo scatto fotografico. Ho tante foto di Roccaverano, ma non mi bastano mai. Arrivata al paese, non faccio la sosta al bar della piazza come altre volte, ma proseguo spedita verso la mia meta. Al Bric de la Crusc, svolto a sinistra, verso Garbaoli. Mi ricordo quando, ancora ero una bambina, vi fu posizionata la croce. Fu una giornata memorabile: tutte le personalità del paese e i cittadini assistettero al posizionamento della croce in ferro sul grande basamento in cemento. Si diceva che, essendo sul punto più alto, si sarebbe vista da molto lontano. Un paio di decenni fa la vecchia croce, ormai usurata dagli agenti atmosferici, è stata sostituita e sul quel bricco è rimasto solo il basamento in cemento a forma di tronco di piramide. La nuova croce, con uguale festa alla precedente, è stata posizionata su un altro bricco un poco più distante dal paese. Non ho mai capito il motivo del cambio di location. Non bastava sostituire la vecchia? Con questa domanda in testa proseguo il mio cammino. Un grande senso di pace mi invade, mentre i ricordi continuano a affollare la mia mente. Quante volte da ragazzina ho fatto questo percorso in bici a folle velocità? E quell’estate che il rally passava proprio da qui e noi tutti ci siamo arrampicati sulla riva a margine della strada per vedere passare le auto? Quante volte, ormai mamma, con il mitico passeggino ombrello, son venuta fin qui con mio figlio Stefano? In quella cascina che sto per superare siamo spesso venuti a vedere le caprette e comprare le robiole, mentre in quella curva laggiù ho avuto il mio unico incidente d’auto. Una coppia di giovani turisti ha tagliato la curva e l’impatto è stato inevitabile: io al volante illesa come mio figlio sul seggiolino dietro. Invece Cillo, mio marito, seduto accanto a me, ha riportato la frattura di un braccio. Scaccio quel brutto ricordo e proseguo. Ora sono in vista della Cappelletta di San Rocco, sul Bric d’ Puschera. Da qui posso vedere due valli, quella sulla quale è adagiato il piccolissimo paese di Olmo Gentile e dall’altra quella verso Spigno Monferrato. Mi fermo un attimo a bere un sorso di spremuta e aprire la cerniera della giacca a vento. Il segno della croce e via, affronto la curva in salita che è ghiacciata, essendo esposta a nord e fra alti alberi. Proseguo il mio cammino in solitaria, il silenzio non mi opprime anzi è piacevole perché mi induce a ascoltare la natura intorno a me. La strada taglia in due il bosco quindi potrei incontrare qualche capriolo alla ricerca di cibo o cinghiale ritardatario. Arrivo alla chiesetta di San Sebastiano: al bivio: a destra la strada per Serole, a sinistra quella per Spigno Monferrato. Prendo quella a destra ma fatte poche centinaia di metri la lascio per una stradina che, fra discese e salite, mi porterà a costeggiare il confine con la Liguria. Il panorama è stupendo, proprio quella bellezza mi fa andare avanti, ignorando le gambe che cominciano a risentire dello sforzo. Mi godo il sole sul viso respirando a pieni polmoni l’aria frizzante. Senza fermarmi, consumo uno snack e termino la mia spremuta. So che fra poco avrò un tratto di strada pianeggiante e potrò tenere il passo con più facilità. I chilometri si snodano fra salite e discese, per chi non è allenato come me, è una bella sfida. Non mi arrendo e con la scusa di scattare foto mi fermo solo qualche attimo qua e là. Ormai sono arrivata a un piccolo gruppo di cascine che so essere sul confine fra Piemonte e Liguria. Risento la voce di mia madre raccontare dei loro pellegrinaggi al Santuario, carichi di cibo sufficiente per tutta la giornata, e quella di mio padre raccontare storie di partigiani. In questa zona fu attivo un gruppo al comando del Biondino, amato da molti per la sua generosità specialmente verso i contadini più poveri, ma odiato da altri per il suo carattere irascibile e a volte crudele. Ora mi immetto sulla provinciale n°429 che per un lungo tratto segna il confine con la Liguria. Un’auto mi supera e il guidatore mi guarda stupito: pochi sono i camminatori solitari in questa stagione! Invece al bivio per Piana Crixia e Savona, io tiro dritta. Il Santuario del Todocco ormai non è molto distante ma sono proprio gli ultimi chilometri i più difficili. Le mie gambe stanche si ribellano, sembrano due pezzi di legno che con difficoltà riesco a muovere. Non posso arrendermi proprio ora e, con ostinazione e volontà, inizio l’ultima salita che si annuncia con un tornante. La giacca a vento penzola fra gli spallacci dello zaino da un bel pezzo, ma ora, sbuffando, apro anche la cerniera del pile: sono molto accaldata. Tolgo pure la fascia per i capelli ormai umidicci di sudore e assaporo la freschezza del vento. A metà salita comincio a pentirmi di non aver chiamato mio marito, scaccio il rimpianto e, con un moto di tenacia, proseguo. Quando vedo il santuario sospiro felice. Anche questa volta ce l’ho fatta! Prima di entrare a seguire la Messa e accendere una candela, mi fermo a guardare il panorama. Questa è stata una zona importante, situata sulla via del sale dalla riviera ligure alla zona di Alba. Vi passarono anche le legioni romane e i molti pellegrini che andavano a Compostela, nella Spagna nord occidentale, e quelli che da là ritornavano. Mia nonna mi cantava spesso una canzone a questo riguardo” Pelegrin che vien da Ruma con le scarpe rute ai piè”. Mi è facile immaginarli salire lungo la strada dal vallone lungo e pieno di pericoli, con i loro fagotti, stanchi e affamati. Probabilmente passò di qua anche San Francesco d’Assisi nel suo viaggio verso la Francia. A quanti chiedevano notizie sull’origine del Santuario della Madonna, venerata sul monte del Todocco, i contadini del luogo raccontavano una storia semplice e commovente: «Una fanciulla sordomuta stava pascolando il suo gregge quando le apparve una bella Signora che le disse: – Va’ da tuo padre e digli di edificare un pilone in questo luogo. – A quelle parole la giovane guarì, lasciò il suo gregge e corse a riferire al padre il desiderio della Signora. E il padre edificò un pilone sul luogo preciso dove la Madonna aveva posto i piedi.»

Se non erro, la prima cappella fu costruita intorno a quel primo pilone nel 1769 e modificata nei secoli successivi. Entro e come sempre il mio sguardo si posa sui bei dipinti dell’abside e della volta: la Crocifissione, la Madre di Gesù che sembra accettare il dolore per la morte del Figlio, e un uomo a cavallo che pare osservare tutto il dolore del mondo con atteggiamento distaccato di super-uomo. Mi siedo in uno dei banchi fra le persone che come me hanno pensato di raggiungere il piccolo Santuario venendo su da Cortemilia in bici o in auto, e mi accingo a seguire la Messa officiata dal parroco e animata dalle sorelle Figlie della Madre di Gesù.

Terminata la Messa, telefono subito per farmi venire a prendere in auto. So che a casa mio marito ha preparato un buon pranzetto e non vedo l’ora di mangiare. Tutto quel camminare mi ha fatto venire appetito. Poi dopo pranzo un riposino sul divano al calduccio di un plaid non me lo toglierà nessuno!

Ti potrebbe piacere anche

Lascia un commento