dalla GAZZETTA D’ITALIA.
Egli è il Warwick della crisi . E nessuno lo crederebbe. Piccolo, smilzo, con l’ ingegno del povero Urbano Rattazzi e col corpo del suo provicario, Capriolo, Giuseppe Saracco è in politica quello che sembra in natura, un’ interiezione fatta uomo.
L’ onorevole Saracco è riuscito a dimostrare che si è in grande quello che si è in piccolo, applicando il detto: volere è potere.
Egli si è fatto di Acqui una specie di patrimonio di San Pietro. Egli là è tutto, senza avere l’ aria di volerlo essere. In Acqui non si fa giorno né notte, non nasce né muore alcuno , non si muove un funzionario, non si crea un sindaco od un usciere, non si muove foglia, insomma senza il permesso dell’ on Saracco.
Stabilita su salde radici la sua onnipotenza in Acqui, l’ on Saracco aspirò ad avere l’ egemonia politica nel governo d’ Italia, ed oggi può dirsi ch’ egli ha raggiunto il suo fine.
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Chi non fa non falla e non fa cammino – si disse un giorno l’ on Saracco. E da quel giorno egli non ebbe che un ideale, avere tutti i vantaggi senza la responsabilità del potere. Se egli un giorno si risolvesse a scrivere la sua autobiografia, ci darebbe il segreto di questa sua singolare fortuna , di essere riuscito a essere padrone del governo reeeestando irresponsabile. Egli non ha studi, non ha coltura, non è né classico né romantico.. Ma acuto e fine egli si è presa per sé la parte che nessuno prendeva. Essendosi accorto che nessuno studia le cifre , egli propose a se stesso di divenire una specialità nella conoscenza dei bilanci. Con la paziente perseveranza degli uomini del suo paese , egli da trent’anni studia i bilanci d’ Acqui del Regno d’Italia. N’è divenuto talmente padrone, ch’è la disperazione di tutti quelli ch’ egli piglia di mira. Se lo studio dei bilanci è la sua specialità, la specialità di questo suo studio è la cognizione dei bilanci dei lavori pubblici e delle finanze. Quand’ egli prende ad allineare le cifre di questi bilanci, ad aggruppare, dividerle, opporle, sottoporle, confrontarle con l’ abilità del dottor sottile, con la scrupolosa minutezza di un contatore di perle, passa attraverso al colpo dell’ avversario con la meglio temprata lama di Toledo ed al finire della lotta si conclude col dire che anche le battaglie finanziarie vantar possono i loro cavalieri antichi.
L’ onorevole Saracco appartiene al gruppo dei dissidenti di destra restando amico personale dell’ on Depretis. Il paladino di Acqui tentò un giorno di far saltare il Baiardo di Stradella. Ma questi più fine paro’ il colpo e tolse all’ amico la volontà di scapricciarsi con lui. Da quel giorno l’ on Saracco aguzzò il suo ingegno contro l’ on Magliani ed affermò la sua onnipotenza in Senato divenendone il finanziere per antonomasia.
Da molti anni non si fa una crisi senza che vi mescoli a torto o a ragione l’ on. Saracco.
Egli non ha mai voluto essere ministro sebbene tanti ministri abbia combattuto e creato . E qual n’ è la ragione?
Egli ha paura di perdere la sua riputazione di critico finanziario se si provasse a farlo ministro, come que’ critici drammatici che non si attentano a fare un dramma per paura di perdere il loro prestigio.
Lo crediamo anche noi.
Oggi egli è veramente felice! Senatore del Regno , caccia le mani nella Maggioranza della Camera.
Lasciando ad Agostino Depretis la noia del regno egli si riserva la parte di Egeria. Corre da un uomo, offre, comanda, rifiuta. Tutti credono ch’egli si riservi nella divisione la parte del leone. Tutt’ altro. Al momento decisivo, non vuol esser nulla perché sente che ministro non sarebbe mai più di quello ch’è adesso.
È stato sindaco di Acqui, segretario generale delle finanze e de’ lavori pubblici e si è persuaso che non potrebbe brillare sul candelabro come brilla dietro la scena. Se venisse avanti sarebbe presto sfatato. Rimanendo eternamente possibile la sua autorità cresce e la sua potenza si afferma. Oggi egli lavora a risolvere la crisi con l’ on. Depretis perché capisce che senza l’ on. Depretis la crisi si scioglierebbe mai : ma non tiene l’ on. Depretis più che non tenga l’ on. Magliani; giacché non può immolar quello, chiede la testa di questo. Lusinga le modeste ambizioni dell’ onorevole Luzzati, lustra la capacità amministrativa dell’ onorevole Rudini’, raccomanda i talenti fiscali del suo collega Perazzi, ma quanto a sé ripete: meglio primo ad Acqui che secondo a Roma