I luoghi della fede, i luoghi del cuore: l’Oratorio di San Sebastiano

di Doglio Maria Antonietta

Quanta fede traspira da queste mura, in un tempo in cui pochi o nessuno sapeva leggere tutto era affrescato sulle pareti: l’amore di Dio e l’amore per Dio, i miracoli, la presenza degli evangelisti… tutto era lì, visibile agli occhi e al cuore dei denicesi.

All’interno dell’oratorio troviamo San Tobiolo che aiuta il padre a guarire dalla malattia agli occhi, San Sebastiano che protegge dalla peste ed epidemie, gli evangelisti che ci spiegano la vita e i miracoli di Gesù, le bellissime grottesche invece ingentiliscono le volte e gli angeli musicanti certificano la valenza del canto sacro, le nature morte a simboleggiare la caducità della vita.

La data dell’erezione della chiesa di San Sebastiano da parte della compagnia dei disciplinanti del Carmine, risale al 1513. Fonte: Archivio Stato Torino Mazzo 141 miscellanea di scritture private Scarampi, Senato Piemonte II serie n. 138 a 144.

Con fede e impegno i fedeli la costruirono, la abbellirono e la conservarono con amore, rivolsero a San Sebastiano le invocazioni e le preghiere nei periodi di epidemie.

Ma come tanti edifici di culto secondari, anche questa chiesa ebbe il suo periodo buio perché a metà del 1900 fu adibita a magazzino e ricovero per il fieno e la paglia.

Fu riportato ad antico splendore dopo un accordo tra amministrazione comunale e la diocesi. Riacquistò così la sua antica bellezza con un restauro esplorativo/conservativo, che portò alla luce diversi affreschi meritevoli d’essere ammirati.

Ora è  in uso al comune che lo utilizza per mostre, concerti e consigli comunali, ma l’edificio è sempre pronto per essere utilizzato come luogo di culto.

Percorrere la navata di San Sebastiano col naso all’insù è come fare un tuffo nel passato, ritrovare le radici della fede, quasi una pace interiore.

L’ampiezza, la luminosità e l’atmosfera che si respirano visitando questa chiesa sono uniche nel suo genere, l’Oratorio di San Sebastiano ora è sempre nel cuore dei denicesi.

di Maria Antonietta Doglio

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