L’esame. Testo di Liliana Scaletta

di Marina Levo

Giugno 1962
Fa caldo in quel giugno, un caldo non anomalo come quello di questi giorni, ma un caldo che si era consolidato pian piano fin da primi giorni di aprile. Nei campi il fer da siè e l ‘ ansuria, le cui lame ben affilate brillano argentee sotto il sole, mettono a dura prova falciatori e mietitori turpinesi. Il progresso tecnologico è ancora un pochino lontano da quel paesino accovacciato sulle colline aspre e tufose. Si va ancora tutti a piedi eccetto il mercoledì quando alla Croce arriva la corriera di Zizon alla cui guida c è Gino che con due strombettate avvisa che ha poco tempo per aspettare i ritardatari. Due o tre auto percorrono le strade polverose… quella di Ezio du Tenent e quella ed Luigen di Barusi, due rustiche giardinette bicolore grigie. Forse ce n’è un terza, la 600 blu di Silvio dei Cavalli. La posta arriva ancora grazie ai piedi veloci e alle mani della postina Mimi che ogni giorno scende a piedi in quel di Spigno e ripone la posta in quella grande borsa nera appesa al suo braccio come un’ulteriore appendice del suo corpo. Poche radio, sintonizzate per il segnale orario dell’una e due televisioni, quella di Ezio nel cosiddetto dopolavoro e quella di Don Mario in canonica connettono Turpino al resto del mondo. In giugno però non sono un passatempo ambito come in inverno. Appena dopo cena è ristoratrice una bella
chiacchierata riguardo al raccolto dell’ erba medica o del grano o allo scongiuro di una grandinata. Le ragazze fantasticano e parlano delle due feste che segnano l’ inizio dell ‘estate. San Pietro a Pareto e la festa della Madonna a Turpino. Finalmente possono mettere a frutto tutto l’ esercizio fatto in inverno in casa della Nina e di Tito al suono della fisarmonica di Pipino del Valon. Sul palchetto issato a fianco dell’ osteria da Meri o nella sala da ballo dietro all’osteria du Tenent i loro piedi ben addestrati lisceranno ancor di piu gli assi o il pavimento già ben lisci per l’occasione sotto al ritmo di polke, mazurke e valzer che in Romagna chiamavano appunto ” liscio, ma a Turpino poco importava il nome. A quelle fantasie di inizio estate partecipa anche Liliana, che sta per affrontare il suo primo vero impegno:l’esame di quinta. La scuoletta di campagna di Turpino non è sede di esame che si svolgerà a Spigno. È la fine di giugno quando di buon’ ora va al bivio dei Barosi dove si incontrerà con la maestra e i compagni…

…. Cartela ed ve curam,
Piuma stilografica Pellican…
Cun ra maestra, Armanda, Severino e Giuan
a Spign a son andó a dè l’ esam

L’ aria fresca del mattino, la novità della camminata, la tensione per l’ esame mettono le ali ai piedi della sparuta comitiva…

….. Set chilometri a pè
an tei puvraz dei santè…

Per Liliana l ‘ aula sembra una piazza, gli alunni una marea, tutto è enorme rapportato alle dimensioni della scuoletta del paesello.
Ma la timida paura che fa battere veloce il cuore della piccola Liliana si dissolve non appena le chiedono di parlare dell’ estate…
.
…. Pró verdi…. campi ed gran duró…. Papaveri e fiurdalisi a riva a ogni stró….

La mattinata trascorre velocemente, è l ora di ritornare a casa, ma prima consumano un semplice pranzo all’ osteria da ” Brogio”, sulla terrazza che si affaccia sul torrente Valla offerto dalla maestra Elda. È nell’ora più calda, quando il sole picchia come un martello, che tutti e cinque si avviano sulla strada del ritorno. Le gambe così sciolte al mattino ora sono più lente e la falcata più corta. La piccola comitiva ha ormai il tempo contato.. Infatti non appena arrivano nei Fossati Severino saluta e vira verso la strada che lo porterà a Montecastello dove abita. Liliana e compagni lo guardano fin quando possono poi riprendono a camminare
Ora inizia il tratto più duro, la vera salita. Liliana che è la più piccola d ‘età, la più esile, tutta gambe lunghe e magre rimane un pochino indietro. La cartella, vanto del mattino, ora è un supplizio e il sussidiario è pesante come un mattone. Anche il grembiule nero con il collettino bianco diventa fastidioso come un saio, tanto che a un certo punto lo toglie e rimane in sottoveste, bella e fine come un vestitino con il pizzetto al girocollo e tutt’ attorno all’ orlo. Passo dopo passo le curve segnate da gomiti di tufo con castagni e rovere finiscono e alla Nosazza anziché continuare per la strada comunale imboccano la sterrata scavata nel tufo che costeggia la collina. Il caldo ora lascia il passo al refrigerio della volta verde dell intreccio dei castani che si toccano da bordo a bordo…i raggi di sole giocano con le foglie qua e là e accompagnano il chiacchiericcio infantile. L ‘ avventura è quasi al termine, la maestra li saluta scolasticamente l’ ultima volta ai Barosi. Poche centinaia di passi e gli ultimi rimasti raggiungono la Croce, punto di spartiacque fra le costiere e il borgo della Chiesa. Al bivio Armanda gira a destra verso la contrada di Scaiole mentre Giovanni e Liliana imboccano la discesa in fondo alla quale c è Cà de Scaletta. Per Giovanni la strada del ritorno è ancora lunga per raggiungere il Gianei appena dopo il confine di Turpino verso Montechiaro. Liliana entra nel cortile e come sempre da quando ha imparato a parlare chiama la mamma che certamente spiava il suo arrivo tra le persiane socchiuse e si affaccia sulla porta e la accoglie con il suo abituale sorriso.
Quei quattro bambini hanno
affrontato la prima prova della loro vita e inconsapevolmente tracciato il percorso comune a tutto il genere umano fatto di discese, di salite, di bivi, di tratti solari e tratti ombrosi. L’ importante sempre e comunque è viverli, ricordarli e poterli raccontare.
…se la storia l’ è bela fa piasì cuntela….diceva un vecchio adagio…. T’ voli che la conta? Liliana non ha chiesto il permesso e l ‘ ha raccontata ugualmente e chiede venia.

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