Merana al tempo delle mulattiere

di Marina Levo

Il territorio di Merana è situato sulla sponda sinistra del fiume Bormida, che lo bagna per circa cinque chilometri e fa da confine con il comune di Spigno Monferrato. È composto da due vallate principali: quella Casorano-Casorano Soprano è quella di Moglia Casazze, attraversate dalla ferrovia e dalla strada SavonaAcqui Terme Alessandria che si incrociano mediante un passaggio a livello automatico in località Moglia. A monte Merana confina ( a tratti a metà collina, a volte alla sommità della stessa) con i paesi di Piana Crixia ( Liguria), Serole e Rocchetta di Piano ( Piemonte). Inoltre è attraversato per tutta la sua lunghezza dall’antica “via del sale” ( la romana Via Aemilia Scauri), poi diventa una mulattiera della quale si notano ancora le tracce. Per tradizione, si dice che, attraversato il rione di Pontevecchio di Piana Crixia, il percorso saliva su per le colline verso il confine Piana Merana, in località Rolando,per scendere poi in territorio di Merana, toccando la località dei Caiti, di fronte alla torre medioevale del castello, dove c’era dogana, posta, sali e tabacchi, ristoro ecc..

Io stesso ne ho ancora visto i ruderi e fra questo vi era una grossa lastra di pietra di notevoli dimensioni ( spessa quindici centimetri, lunga centocinquanta centimetri, larga sessanta) sorretta da due pilastrini, incastrata nel muro da ambo le parti ( a mo’ di bancone) con un archivolto sovrastante; il tutto in pietra a secco, che si pensa potesse servire come banco di vendita e operazioni varie. Questi ruderi tempo fa sono stati demoliti per lasciare spazio a nuove costruzioni. Di qui la strada scendeva costeggiando la chiesa vecchia, arrivava alla località Zoppo ( per il catasto Valanca) per poi dividersi in due rami, uno proseguiva verso Spigno passando davanti alla cappella dei Nani ( si nota ancora l’avallamento per tutto il tratto) e toccava la Gilarda; saliva quindi verso località Scabaggio, attraversava i campi fino al torrente Mori, per poi inoltrarsi nel territorio di Spigno, salendo nei boschi di Shcrice’ fino alla sommità della collina, scendendo verso il Casato, passando davanti alla chiesetta di “Paolot”, proseguendo verso Spigno, passando davanti alla chiesetta di “Cicute’”, in regione Isole e via verso il Monferrato.

L’altro ramo, staccandosi dalla località Zoppo, si diramava verso Cortemilia Alba, toccando i Ghioni, casa Cuppi, borgata Galli e borgata Prinzi: qui c’era un’altra dogana, sempre con posta, Sali tabacchi, ristoro ecc ( la tradizione riferisce che la vecchia licenza di vendita dei Prinzi sia quella attualmente gestita dal tabaccaio di Merana, Giribaldi ) .

La strada poi proseguiva per i boschi “ du Ruvie’”, la cappella di San Sebastiano, la vallata del torrente Rigoso, in quel di Serole, per arrivare a Cortemilia. ( C’è chi dice, invece, che dai Prinzi proseguiva verso Ciangrand e casa Punge’ e saliva a San Sebastiano per poi proseguire per Cortemilia sempre passando nella vallata del torrente Rigoso. Non si sa se una delle due poteva essere una scorciatoia, ad ogni buon conto, il tratto in questione rimane per la maggior parte nel territorio di Serole e noi non possiamo fermarci alla dogana dei Prinzi o poco più avanti, dal momento che i confini, a quell’epoca, potevano essere diversi da oggi).

Sempre per tradizione, mi raccontava mio nonno, classe 1855, che portavano a vendere i bozzoli dei bachi da seta, seguendo tali percorsi, caricando la soma a dorso di mulo e asini e, quando erano circa a metà percorso, i conducenti alleggerivano il peso della merce dagli animali, prendendone un po’ sulle spalle.

La borgata dei Prinzi, tuttavia, oggi quasi disabitata, era una località caratteristica per il suo agglomerato di case antiche a un piano rialzato, fatte di pietre e fango, con abitazioni al primo piano, scale di legno e “lobia” che serviva anche per mettere la legna al riparo per l’inverno e stalle per animali al pianterreno. I viottoli per l’accesso alle case erano molto stretti, incastrati come labirinti; le case erano ricoperte con lastre irregolari di pietra, piuttosto piccole; i travi erano robusti per sostenere il peso delle lose e le abbondanti nevicate delle stagioni invernali.

Per i pavimenti si impiegavano  tavole di castagno di un certo spessore, segate e lavorate in loco, nel bosco, prima di asportarle. Insomma era una borgata antica, stile montagna, purtroppo ora è semidistrutta.

Nella borgata dei Varaldi esiste un fabbricato, abbastanza grande, da tempo restaurato ed abitato, che, a detta degli anziani del paese, pare sia stato in un primo tempo un convento o qualcosa del genere, per poi essere trasformato in caserma, al tempo dell’invasione napoleonica. Infatti si nota ancora il cortiletto  interno con in mezzo il pozzo per attingere l’acqua è un porticato composto da una serie di archivolti in mattoni fatti a mano. Il fabbricato è di un solo piano, con lo scantinato. Al primo piano presenta un corridoio abbastanza lungo, con camere da ambo le parti e scale di accesso è uscita verso l’esterno da entrambi i lati del corridoio.

 

GIOVANNI B. SICCO                 MERANA E LA SUA GENTE.

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