Juanita.

di Marina Levo

 

 

 

Don Vittorio passava ogni estate a benedire quelle povere case, nel paese, nelle cascine, fin nelle frazioni. Andava a piedi e due bardasciot lo seguivano, uno teneva l’acqua benedetta, uno il breviario per le orazioni. “ Ste brov fanciot, fe nenta i oso, che a suma squose rivo’ ai Cocc” intercalava il reverendo, avvezzo più alla solitudine della canonica, che alla rumorosità instancabile dei suoi giovani aiutanti.

Lasciandoli un po’ indietro ad azzuffarsi, meditava sul nome della località detta dei Cotti, ca’ di Cocc…, “ Sui registri e stati d’anime parrocchiali…niente..nessun riferimento, mi pare di aver letto che potrebbe derivare da un nome proprio, come Enrico, Enricotto e casa di Enricott…sì potrebbe etimologicamente derivare da quello…” e sudava, don Dagna, sudava paludato nella sua veste nera, sognando l’ombra e la frescura della chiesa parrocchiale. Ecco, passate le case di Cicantone, la’ in fondo apparire una borgata, che si preannunciava abitata ed operosa. Diverse casupole, qualche casa dignitosa, qualche aberg per seccare le castagne. Avvicinandosi, gli vennero incontro diversi marmocchi, vestiti di stracci, scalzi, usciti da qualche affollata stanza, abbandonando le gonne delle mamme e delle nonne…” Siur preve, don Vitorio! Cu vena an ca a beive en bicer ed vein” .
“ No grazie Carlo, vengo a portare la benedizione del Signore Iddio” e diede uno scappellotto a Gian, il più grande dei suoi chierichetti, che si attardava a giocare con due bimbi neri di terra, che non sembravano conoscere l’acqua. “ Nel nome del Padre, Figliolo e Spirito Santo”

Carlon si fece un veloce segno di croce e tirò un sospirone deluso:  avrebbe dovuto cercare un’altra scusa con Marieta per bere un goccetto, sviando il suo sguardo indagatore.

“ Chi cus vug: sua eccellenza l’arzipreve!” Una voce cauta lo apostrofò: veniva da una vecchietta curva e lacera, che portava sulle spalle una fascina di erba fresca per la sua capra.

Juanita, bon na seira.., è tanto che non ti vedo a vespro… certo, alla tua età, fare tutta questa strada a piedi… povra dona, fa me che t arnesce “ fece Don Vittorio, stranamente ecumenico ( in genere, durante la sua predica, soleva togliere la pelle a chi non frequentava la messa con regolarità e gli annessi sacramenti). Ma la donnetta pareva aver superato l’ottantina, era vedova, da decenni ormai, senza prole e viveva, chiacchierata assai, in due misere stanze, con una pecora come unica compagnia. Juanita si diceva fosse una masca. Ehh proprio così, una masca potente, capace di rovinare un bue o un manzo nella stalla, di far andare male una vacca e chissà..magari in gioventù aveva pure malefiziato qualche vicino o quel giovanotto, partito per la Merica e di cui nulla si era più saputo.

Don Vittorio Dagna conosceva il maligno e le sue manifestazioni, aveva passato molte notti insonni a praticare esorcismi e preghiere, spesso, nelle tenebre aveva lottato con le masche, cacciato ombre maligne, intravisto capri e gatti neri, donne ballare in cerchio in Pian der Sniure, luogo fresco e riparato dove avvenivano i sabba nelle notti di luna piena. Non credeva neanche ad una parola sul conto di Juanita, una povera vedova, povera in canna, che raccoglieva erbe per i decotti e le pappine da mettere sul petto dei bambini malati. Erano tutte babberie, cattiverie, nulla di demoniaco era  in Juanita, “ Tute storie, fantasie”.

Gian e Tone ormai giocavano solo, avevano abbandonato acquasantiera e breviario, allora don Vittorio raccolse le sue cose, asperse qualche uscio, tese la mano per raccattare due soldi di limosina e benedisse le case in Ca di Cocc.

Siur Arzipreve, fermeve a zeina da nui, Marianna l’a fo la mnestra” disse Antonio, invitandolo alla sua tavola, gremita di mocciosi grandi e piccoli. Nella genuina confusione della famiglia, don Vittorio approfitto’ della minestra e di un bicchiere di duzet, ed cul bon….raccontando storie di masche e masconi, angeli custodi e santi del Paradiso. Solo a notte fonda prese la strada di casa, i due bardasciot da un bel po’ erano tornati in paese, la luna brillava tonda e bellissima nel cielo, il breviario stava chiuso nella borsa di panno  a tracolla. Certo una preghiera di ringraziamento al Signore sarebbe stata opportuna a fine giornata, ma la testa gli girava un poco ( il vino?) e si sedette un secondo solo sotto un noce in casa di Baret.

Il suo sguardo incredulo si posò su una coppia di giovani sconosciuti che gli venivano incontro e lo superarono, eleganti e sorridenti: lei era bellissima, vestita con abiti sfarzosi, lui ugualmente vestito di verde brillante, occhi brillanti e baffi scuri.

“ Buona sera reverendo, che splendida serata di luna piena vero? Ideale per una festa, un ballo in allegria..si vuole unire a noi? “

Suonava canzonatoria quella voce, già quella voce… “ che strano, mi è sembrato di sentire la voce di Juanita.., ma, a quest’ora, di sicuro dorme beatamente..”

“ Ehi, scusate.. giovane signora .. venite più vicino”

Ma i due si stavano allontanando, avvolti nella nebbia. “ Nella nebbia? Ma non c’è la nebbia in estate. Oh povero me.. scherzi del caldo e del vino”

E don Vittorio riprese la strada verso casa, senza sapere se essere più divertito o spaventato dai suoi  incontri notturni.

 

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