Ricordo di Suor Eugenia Cazzuli

Da Montechiaro d’Acqui ai dispensari dell’India

di Marina Levo

della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1897-1973)

di Rosanna Patrizia Giacoia

 

Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della scomparsa di una donna nata a Montechiaro d’Acqui negli ultimi anni dell’Ottocento e deceduta in India all’età di 75 anni. Si tratta di Eugenia Cazzuli, della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, missionaria che ha trascorso tutta la vita nei luoghi di cura delle zone più povere di quel Paese.

Eugenia è nata nel 1897 da Pietro e Aurelia Beltrame, rispettivamente calzolaio e sarta che vivevano nel borgo antico in via delle Scuole. I genitori erano persone modeste e molto religiose che le impartirono una convinta educazione cristiana, tuttavia, quando la ragazza manifestò la volontà di iniziare il postulato che l’avrebbe condotta al noviziato, la famiglia si oppose decisamente. La giovane superò le resistenze dei familiari seguendo i consigli di suor Maria Canale, che già direttrice del convitto dove lei viveva, diventerà il suo un punto di riferimento per tutta la vita. Le due donne si conobbero a Vignole Borbera(AL), perché Eugenia da giovanissima andò a lavorare come operaia nel Cotonificio Ligure dove i proprietari, nel 1909, avevano costruito un convitto dove alloggiavano le operaie, poste sotto la tutela delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Da una memoria dalla stessa Eugenia Cazzuli, resa in occasione della morte di suor Maria Canale, avvenuta nel 1966, la suora scrive: «Suor Maria, più che direttrice mi fu madre. Se io ho potuto seguire la mia vocazione fu proprio grazie a lei. Contrariata dai miei genitori, mi esortò a continuare la mia vita di convittrice finché non avessi guadagnato quanto mi occorreva per le spese del postulato e del noviziato. Mi mandò poi, a casa, a suo tempo, per annunciare ai miei genitori la mia entrata nell’Istituto. Mi condusse ella stessa a Nizza dove cominciai il mio postulato. Sempre mi seguì e, prima che partissi per l’India, mi venne a trovare e mi diede tanti buoni consigli. Sempre rispose maternamente alle mie lettere. Quante belle doti riscontrai in quell’anima eletta! Quanta bontà e rettitudine! Tutti l’amarono e la stimarono specie il Direttore dello Stabilimento e tutti i suoi aiutanti. Quanto bene fece e che bella corona si sarà guadagnata in Paradiso».

Il forte legame personale e spirituale fra suor Maria Canale ed Eugenia e la devozione della ragazza a Maria Ausiliatrice, rafforzarono la volontà della giovane ad entrare a far parte della famiglia salesiana, Congregazione religiosa che comprendeva le Figlie di Maria Ausiliatrice.

Nei primi anni del Ventesimo secolo l’attività dei Salesiani era in grande espansione, tanto che furono istituite nuove missioni in Europa, in Africa e in Asia, oltre che istituti e scuole in tutt’Italia. Il bisogno di religiose nelle nuove case sparse per il mondo potrebbe avere determinato l’indirizzo missionario della scelta religiosa di Eugenia Cazzuli.

Le poche informazioni che abbiamo sul carattere della ragazza ci giungono dai libri della Congregazione e da articoli pubblicati su riviste varie in occasione di qualche ricorrenza o feste degli istituti in cui Eugenia prestava la sua attività. Da queste fonti deduciamo che Eugenia, da giovane, era una persona forte e allegra ed esercitava contemporaneamente molte attività che richiedevano il dispendio di parecchie energie, suscitando simpatia e gioia nelle persone con le quali veniva a contatto. Era energica e a volte e rude ma spontanea e sincera.

Vediamo i momenti più significativi della sua vita da religiosa.

Eugenia, all’età di venticinque anni, seguendo la sua vocazione, si ritirò presso la casa madre delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Nizza Monferrato, dove iniziò il suo percorso, emettendo regolarmente i voti il 29 settembre 1925. Si tratta della cosiddetta prima professione di fede. Una volta presi i voti la Consacrazione è fatta per tutta la vita. La Chiesa Cattolica, comunque, richiede che il candidato emetta i voti per un tempo limitato con l’intenzione, più avanti, di consacrarsi per sempre. Il periodo che intercorre fra la prima professione di fede e quella perpetua è conosciuto come ‘professione temporanea’ e per Eugenia durò circa sette anni. Pochi mesi dopo, il 2 gennaio 1926, suor Eugenia Cazzuli partì missionaria per l’India, dove, come si è già detto, si era insediata da pochi anni la prima missione della Congregazione. L’India in quegli anni faceva parte dell’impero britannico, era l’India della povertà estrema, condizione che era la causa di tutte quelle malattie che sono la somma degli effetti della miseria, della sporcizia e dell’abbandono, l’India della rigida e immodificabile suddivisione della popolazione in caste, l’india dei fuori casta, degli ultimi, degli intoccabili.

La professione perpetua di suor Eugenia Cazzuli avvenne a Vellore il 29 settembre 1931 e nel 1935, a Guwahati, dopo anni di attività infermieristica nell’ospedale governativo del luogo, la missionaria ricevette dal governo britannico un’importante onorificenza pubblica in occasione del giubileo di re Giorgio V.

Durante la vita religiosa suor Eugenia prestò la propria opera con dedizione nelle città di Vellore, Guwahati, Tanjore, Arni, Polur, Katpabi e in altri centri minori, lavorando in tutti gli istituti di cura che accoglievano poveri e malati. Dovette affrontare molte difficoltà e imparare tante lingue. A ogni trasferimento che la riguardava suor Eugenia, che per relazionarsi con le autorità doveva avere una buona padronanza dell’hindi e dell’inglese, ha dovuto assimilare i dialetti parlati nelle zone dove operava, condizione indispensabile per entrare al più presto in relazione con la popolazione. La necessità di comprendere i dialetti entro il più breve tempo possibile era fondamentale per la sua opera di evangelizzazione, oltre che per la professione di paramedico.

Alla soglia dei cinquant’anni e dopo molto tempo dedicato alla cura degli ammalati, alla missionaria fu richiesto un nuovo gravoso impegno: le fu proposto di dotarsi del titolo di farmacista per meglio rispondere alle esigenze del suo lavoro. E fu così che la suora sostenne a Madras gli esami necessari per conseguire il titolo, prove che superò brillantemente con risultati eccellenti nelle attività pratiche. Lei stessa scriverà di questa esperienza, su un libretto su cui raccolse le sue memorie,: «In tutto eravamo trecentodue candidati: otto religiose di quattro congregazioni, una signorina, e gli altri, tutti uomini. Il primo giorno si diede l’esame scritto in lingua inglese, e questo fu per me il più terribile; le altre prove, orali e pratiche, mi riuscirono abbastanza facili…».

La sua opera fu sempre apprezzata in tutti gli istituti pubblici o privati che accettavano la collaborazione delle missionarie. Le gravi malattie cui si doveva fare fronte erano moltissime, fra le quali la lebbra, l’idrofobia (rabbia), la febbre nera, la tubercolosi, il colera, la malaria ecc, più tutte quelle legate alla denutrizione. L’attività di suor Eugenia fu anche molto utile e tenuta in considerazione nei reparti di chirurgia, per l’impostazione e gestione delle misure igieniche generali dei settori a lei affidati.

Con il lavoro negli ospedali e nei dispensari non si esaurivano i compiti della suora perché quando poteva non lesinava di andare a visitare i poveri nei villaggi della provincia in cui operava, prestando le cure necessarie agli ammalati e dedicandosi con impegno all’istruzione religiosa, insegnando i principi della religione cristiana alle persone che incontrava. Assieme ai farmaci suor Eugenia dispensava il battesimo a tutti quei malati che riteneva in pericolo di vita dentro e fuori agli ospedali. Su questo punto si scrive di lei: “Potrebbe essere chiamata la grande battezzatrice se, come lei stessa afferma in una lettera indirizzata forse alla Superiora generale nel settembre 1965, a quella data i Battesimi da lei amministrati già superavano i cinquemila. Si trattava di battesimi impartiti a bimbi in fasce che lei incontrava negli ultimi momenti della loro vita, e anche di battesimi offerti ad adulti, quasi sempre miseri e abbandonati, in preda a malattie insuperabili, sia per la loro entità sia per le condizioni in cui quelle persone si venivano a trovare. Suor Eugenia, mentre cercava di alleviare le loro sofferenze, rivolgeva a quei fratelli e a quelle sorelle semplici parole di annuncio che li aiutava ad incontrarsi con il Signore Gesù e ad accoglierne la grazia misericordiosa.”

Per il notevole lavoro svolto furono molti i meriti riconosciuti a suor Eugenia, sia dalle autorità civili sia da quelle ecclesiali.

Era una missionaria molto dotata. Aveva coraggio, adattabilità, forza fisica, carattere energico e gioviale, cuore grande e comprensivo, capacità di capire gli ambienti, le culture, le persone. Perché era necessaria tanta tenacia, ma anche tanta pazienza per contrastare le attività di coloro che si opponevano decisamente alla sua opera di conversione degli indiani alla religione cattolica. Ma anche i più scettici superavano i pregiudizi quando la vedevano dedicarsi amorevolmente ai bisognosi.

Nel 1968, per raggiunti limiti di età, suor Cazzuli dovette lasciare i suoi compiti e trascorse due anni nella casa di riposo di Yercaud, da dove raccolse le sue memorie. Sarebbe interessante recuperare questo manoscritto per conoscere meglio la sua vita, ma al momento della scrittura di queste poche righe non sono ancora riuscita a leggerlo. Sono sicura però che la lettura delle memorie di questa missionaria avrebbe solo rafforzato in me la convinzione che dietro le fila di santi, beati, venerabili o semplici servi di Dio, a noi noti, ci sono poi anche schiere di persone anonime e semplici che, come suor Eugenia Cazzuli, hanno trascorso la vita a fare del bene agli altri e meritano di essere ricordate.

Dalla residenza di Yercaud suor Eugenia andò via quando due anni dopo le fu diagnosticata una grave malattia e, affinché potesse ricevere le cure più appropriate, venne trasferita a Katpadi, cittadina a pochi chilometri dall’ospedale di Vellore. Si spense serenamente a Katpabi il 26 marzo del 1973.

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