I trovatelli o venturini

di Marina Levo

Nella seconda metà dell’Ottocento, nei paesi dell’acquese, si assiste all’arrivo di molti bambini figli di NN, alcuni dei quali morivano nei giorni o mesi successivi, come gli altri ( mediamente su una decina di figli sopravvivevano in 6/7). Alcuni seguivano un canale istituzionale di affido e provenivano da Alessandria o Torino, con documentazione dell’ospizio infantile che li seguiva fino al matrimonio. Altri venivano dalla Francia, in particolare , da Toulon ed erano considerati “a balia”, quindi quasi in prestito. Alla Gazzetta di Acqui, nel giugno del 1899 giunge una lettera di denuncia , non firmata, in cui si legge: “Pare impossibile che l’autorità tutoria possa permettere che si faccia mercato di lattanti. Vi sono famiglie che tengono contemporaneamente persino tre bimbi a balia e almeno avessero della pulizia, ma neanche per sogno. La cosa giunge a un punto da far ribrezzo, queste balie senza coscienza vanno a Tolone, prendono i bambini e poscia invece di allevarli esse direttamente, li distribuiscono alle famiglie dietro compenso, come si trattasse di capretti o di agnelli. Pare che sia un mercato lecito e onesto? “

Questo andare e venire dalla Francia era sempre interessato, non solo per i lattanti, ma anche per le servette. Molte ragazzine, delle famiglie più numerose, soprattutto nella Belle epoque e tempi successivi, all’età di dodici, tredici anni, venivano mandate a lavorare nelle case di persone benestanti di Toulon e nella zona del Var, formando una numerosa comunità piemontese, che ancor oggi vanta numerosi discendenti, in paesi come La Seyne sur Mer.  Sicuramente c’erano delle persone che organizzavano questi traffici e facevano da tramite per questi scambi di diseredati, un triste mercato di dolore e povertà.

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