Il pan fricc di Mariangela Tardito

di Marina Levo

Il pan fricc

Langa era piena di masche, una volta, lo sapevano tutti.

Ne avevano tutti paura, chi più o chi meno, persino gli uomini grandi e grossi, quelli con i capelli neri e i baffi lunghi, a torciglione.

Le masche facevano il temporale e la grandine, rovesciavano i carri, bruciavano i covoni del grano, seccavano le piantine nuove dell’orto, spaventavano le ragazze per la strada, impaurivano i bambini.

Le donne che allattavano perdevano il latte, ad un certo punto, per colpa delle masche.

Non erano streghe, però.  Non facevano sortilegi, non sapevano fare pozioni più o meno magiche.

Erano, e basta.

Donne, ma non sempre: la masca più potente era stata il fabbro di Feisoglio, un uomo.

In una notte soltanto andava da Alba a Casale, a Torino, più lontano… chissà.

Volava, saltando di pianta in pianta, saliva anche sulle nuvole forse.

Ad eliminarlo ci provò Fagiolo, contadino stanco degli scherzi del fabbro, che crudele lo aveva preso di mira.

Si appostò una sera vicino alla sua casa, col fucile ben carico.

– Prima o poi tornerà ben a dormire, aveva detto ai suoi.

Tutti avevano provato ad impedirglielo: non ci si metteva contro ad un mascone così potente, ma Fagiolo non volle sentire ragioni.

Si appostò una sera vicino alla casa del fabbro, col fucile ben carico.

Venne notte, venne mezzanotte, era quasi mattina quando il fabbro tornò.

Volava di pianta in pianta, era grande, più grande di quanto non fosse di giorno.

Fagiolo lo ebbe a tiro, gli sparò.

Era certo d’averlo colpito, non poteva mancarlo, così grande così vicino.

Il fumo, il rumore, il rinculo dell’arma lo lasciarono per un attimo intontito. Chiuse gli occhi, gli parve di aver sentito un tonfo.

Aveva colpito la masca più potente di Langa, il fabbro di Feisoglio.

Riaprì gli occhi e una risata arrivò da dietro di lui. Si voltò.

– Oh Fagiolo, hai ammazzato il fabbro di Feisoglio?  Proprio dietro di lui, irridente, così grande da fare paura, il fabbro lo guardava.

Ed il fucile esplose tra le sue mani tremanti.

Pregarono per lui tutti, in paese, l’indomani. Andarono in chiesa, senza cappello gli uomini, col velo nero le donne.

Fu ancora più grande, dopo quella notte, il fabbro di Feisoglio, la masca più potente di Langa; fece ancora più paura. Tremavano anche i bambini, ad ascoltare.

Ma le mamme sapevano come consolarli: preparavano il pan fritto, a merenda, fette di pane duro, quasi andato a male, ammollato nel latte, poi fritto in un filo d’olio e cosparso di zucchero.

Era buono davvero. Lo faceva anche mia madre a merenda, quando ancora non c’erano le brioches confezionate e il pane quotidiano era forse l’unica cosa che non mancava.

Ingredienti e preparazione

Pane duro, vecchio di qualche giorno, meglio se di grandi pagnotte (tralasciate i panini, per favore), latte, zucchero, poco olio extravergine di oliva.

Una fetta a commensale, ma è così buono che forse sarebbe opportuno raddoppiare o… triplicare!

Tagliare il pane a fette di circa 1 cm., 1 cm. e mezzo di spessore, ammollarlo nel latte  poi friggerlo in una padella ben calda con poco olio.

Quando sarà ben dorato da ambo le parti, sgocciolarlo sulla carta assorbente e zuccherarlo.

Mangiatelo caldo … e buon appetito! (gradite, che le masche vi guardano)

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