Un processo civile a Spigno in Colligite Fragmenta. Una ricerca di Elisa Camera.

di Marina Levo

Il valore della storia minore: vicenda di un processo civile a Spigno Monferrato.

 

Spesso le fonti storiche mettono a conoscenza di episodi di storia materiale, utili ad approfondire aspetti della vita quotidiana di una determinata epoca o area geografica e, di riflesso, ad arricchire la conoscenza sulle istituzioni e sulle vicende della “grande storia”. In particolare, in questo mio contributo, mi propongo di analizzare alcune carte, conservate nell’archivio vescovile di Acqui Terme, che riportano gli atti di un processo civile svoltosi alla fine del XIX secolo tra la chiesa di Sant’Anna di Squaneto di Spigno Monferrato e gli eredi di Antonio Caito. Si tratta di una causa assai comune, originata da un mancato pagamento, come numerose se ne verificavano all’epoca in via ordinaria. Eppure questa lite, come punto di avvio per ulteriori approfondimenti e ricerche, consente di fare luce su aspetti poco noti, o semplicemente non ancora studiati a dovere, sul contesto storico dell’epoca, arricchendone la conoscenza. La pretura di Spigno si occupò di dirimere la controversia in questione, sorta nel 1884. A Spigno, infatti esisteva un tribunale da lungo tempo, sicuramente attivo nel Settecento.

Intorno al 1815 la Giudicatura di mandamento di Spigno copriva una circoscrizione territoriale che comprendeva Serole, Montechiaro, Merana e Malvicino e fu trasformata in Pretura da r.d. 6 dicembre 1865 n.2626.

Negli atti di questo processo civile le parti in causa erano, quindi, la chiesa di Sant’Anna di Squaneto, quale attrice, e gli eredi di Antonio Caito, quali convenuti. Alcune informazioni sulla famiglia Caito sono conservate nell’archivio Comunale di Spigno; tale cognome non è originario della zona, ma essa dovette dimorarvi per più di un secolo. Il 18 dicembre 1851 la Chiesa di Squaneto vendeva, per 500 lire, due stabili a Giovanni Antonio Caito, con atto registrato a Spigno il 18 giugno dello stesso anno a firma del notaio Giuseppe Spingardi, come si legge nell’atto di citazione del 24 ottobre 1884 che da’ inizio al processo.

per instrumento diciotto dicembre 1851 notaro Spingardi di Spigno ivi registrato nel 18 successivo giugno n 40 con lire 95 e alle dovute autorizzazioni l’Amministrazione della Cappella suddetta faceva vendita all’ora fu Caito Antonio di due suoi stabili in detto atto ritirati per lire cinquecento con patto di corrispondenza dei relativi interessi pendente la mora al pagamento…

Antonio mori nel 1881 o nel 1882: il primo riferimento cronologico è contenuto nel suddetto atto di citazione, mentre il secondo è maggiormente attendibile, poiché figura nel certificato di morte. Dopo il suo decesso, gli eredi rimasti erano la moglie, Teresa Ferraro, e i figli Annetta e Andrea. I documenti conservati nell’archivio comunale di Spigno forniscono informazioni su di essi. Teresa Ferraro, che in alcune carte compare con la variante del cognome Ferraris, era una venturina originaria di Dego, che Antonio sposò in terze nozze il 16 settembre 1866. Erano entrambi già sposati e rimasti vedovi: Antonio in prime nozze con Maria Pongibuoi ed in seconde con Maddalena Caligaris, entrambe originarie di Dego, e Teresa con Giovanni Botta, anch’egli di Dego.

Annetta, all’anagrafe Anna Rosa Margarita Caito, era nata il giorno 8 aprile 1857 dal precedente matrimonio di Antonio con Maria Pongibuoi; compare nel registro della popolazione del Comune di Spigno come figliastra di Teresa e nel 1884 doveva essere coniugata con Francesco Gillardo. Dal matrimonio con Maria Pongibuoi era nato, il 1 settembre 1853, anche un altro figlio, Lorenzo Caito, morto a ventotto anni.

Dalle terze nozze con Teresa Ferraro nacque invece, il 21 settembre 1867, Andrea Matteo Lorenzo Caito, che compare al fianco della madre per tutta la durata del processo. In particolare, nel 1891, avendo raggiunto la maggiore età, apparve nel nuovo atto di citazione del 24 aprile come convenuto; successivamente, non essendosi mai presentato alle udienze successive, è condannato come contumace. Dal registro della popolazione emerge che Andrea si sarebbe sposato con Giuseppina Genta, nata nel 1866, e da lei avrebbe avuto un figlio, Giovanni. Si è rivelato abbastanza problematico stabilire l’esatta ubicazione dei due stabili che i Caito avrebbero acquistato dalla Chiesa di Sant’Anna. Nell’atto di citazione del 24 aprile 1891 già menzionato e in alcuni documenti conservati nell’archivio comunale appare il riferimento a “ Casa o Cascina Caito” sita in Pian della Castagna o Piancastagna nei fini di Spigno Monferrato. Siccome tutti i documenti consultati dove compare tale dicitura sono posteriori al 1851, anno in cui presumibilmente vennero acquistati gli stabili in questione, è facile presumere che questi ultimi divennero, da allora, la dimora dei Caito e che si trovassero proprio a Pian della Castagna. Non è stato possibile collocare concretamente tale denominazione con l’ausilio delle carte e dei registri della popolazione di Spigno, ma una carta riferita alla Longitudine dell’Osservatorio Reale di Torino e  datata 1875 riporta la località Pian Castagnola, nell’area limitrofa  a Squaneto. In questa località sono presenti tuttora due ruderi, tuttavia questi difficilmente potrebbero essere ricondotti a quelli acquistati da Antonio Caito, poiché presentano per lo più caratteristiche di seccatosi. Esiste, invece, un Pian Castagna, non molto conosciuto e non segnalato su alcuna delle carte da me consultate, nei pressi di Squaneto Superiore, non lontano da località Badia, dove Antonio dovette aver prestato servizio nell’ultimo periodo della sua vita; questo fu poi proprio il suo luogo di morte, come si evince dal relativo certificato.

Il processo iniziò il 24 ottobre 1884, quando gli eredi di Antonio Caito, già deceduto, furono citati in giudizio dalla Chiesa campestre di Squaneto, rappresentata dal Priore Francesco Lequio. Quest’ultimo dichiarava che Antonio, e così gli eredi, dopo la sua morte, non avevano pagato il debito contratto per la vendita dei due stabili. In particolare, egli sarebbe partito per l’America, probabilmente per racimolare la somma dovuta all’amministrazione della Chiesa. Nell’atto di citazione si dice che il suo ritorno era previsto per l’anno 1872, quindi è possibile ricondurre la partenza al periodo precedente il 21 settembre 1867, poiché in tale data, corrispondente all’atto di nascita di suo figlio Andrea, egli risultava assente da casa. Nello specifico, essa si collocherebbe presumibilmente tra il dicembre 1866 e il settembre 1867, considerando il concepimento di Andrea. Sembra che, al ritorno dall’America, Antonio non riuscì a estinguere il suo debito:

….che il detto Caito ritornando nel 1872 dall’America saldava tutti gli interessi decorsi e scaduti a tutto il 18 dicembre 1872 e dopo d’allora ne egli ne dopo di lui i superstiti più si curarono di alcun pagamento se si eccettua che nel 1884 si pagò un semplice acconto di lire venti sugli interessi.

 

Poiché, come si è detto, egli mori nel 1882, nel testo sopracitato si evince che due anni dopo, nel 1884, Teresa Ferraro pagò solo una parte degli interessi maturati, pari alla somma di venti lire.

Di conseguenza, Francesco Grappiolo, usciere della Pretura di Spigno e autore dell’atto, specifica che, una volta accertati i vincoli ereditari dei successori di Antonio Caito e “rejetta ogni istanza in contrario “, questi sarebbero stati condannati:

…al pagamento verso detta Cappella

1 Della capital somma di lire cinquecento a lei dovuta e scaduta da tempo

2 Degli interessi sulla medesima somma scaduti alli 18 dicembre 1873 ed annate successive a tutto il dicembre 1889 di lire duecento settantacinque sotto deduzione di lire venti avute in conto il che riporta il debito a …Lire 255

3 Degli interessi sulla capitale somma di lire 500 dal 18 dicembre 1889 e decorrenti fino al pagamento, e sulle lire  duecentocinquantacinque residui interessi scaduti al 18 dicembre 1889 sulla domanda giudiziale

Di conseguenza, i Caito, nella persona di Teresa Ferraro, avrebbe dovuto pagare la somma di 500 lire, gli interessi maturati su questa somma dal dicembre 1873 al dicembre 1889- anno nel quale avrebbe dovuto concludersi il processo- pari a 255 lire, più gli interessi eventualmente maturati alla data effettiva del pagamento, se questo fosse stato ancora posticipato. Grappiolo cita quindi le parti a “ dover comparire avanti il sig. Pretore di Spigno Monferrato nella di lui pubblica udienza di mercoledì ventinove corrente mese di ottobre ore Nove mattina precise” Ha inizio così il contraddittorio. Non resta traccia del verbale dell’udienza del 29 ottobre, ma il documento successivo è datato al 12 novembre 1884, in cui Teresa Ferraro consegna alla Pretura la propria versione dei fatti:

La convenuta Ferraro Teresa interroga l’attore Lequio. Si ammette d’averle pagato quitanza di £50 nel 19 ottobre 1882 con dichiarazione che restava ancora la somma di lire settanta di fitto scaduto sul credito verso la chiesa di Sant’Anna.  Vista raccomandasi all’attore di rispondere oralmente; e salve le ulteriori deliberazioni che saranno del caso protesta delle spese e vacanti.

Quindi la convenuta contestava la dichiarazione dell’amministrazione di Squaneto: la famiglia avrebbe versato un acconto non di venti lire, ma di cinquanta, in data 19 dicembre 1882.

La risposta dell’attrice Chiesa di Sant’Anna, viene trascritta in un documento che, a margine del primo foglio, riporta la data del 26 novembre; il priore Francesco Lequio dichiara quanto segue:

Il priore della Cappella  o Chiesa di Sant’Anna attrice accettando l’interrogatorio dedottogli dalla Ferraro Teresa vi risponde prontamente ammettendo di aver avuto in acconto agli interessi sul capitale delle lire cinquecento, la somma di lire cinquanta in due distinte occasioni cioè: lire trenta nel 1881 ed altre lire venti nel dicembre 1882, quali due somme furono comprese in una sola ricevuta di £50 che porta la data appunto del 19 dicembre 1882 dianzi indicata.

Profittando di questa deliberazione corregge l’errore materiale accorso nell’atto di domanda ove le venti lire in acconto interessi si dichiararono riscosse nell’anno 1884 mentre sta di fatto che dette venti lire sarebbero state pagate nel 19 dicembre 1882 e comprese nella cennata ricevuta di detto giorno. Chiede atto pertanto della deduzione proposta e riforma nelle conclusioni prese in atto di domanda la partita degli interessi chiesti in £255 riducendola a sole lire 225. Esaurita in tal modo la risposta all’interrogatorio e chiedendo atto della correzione proposta e riforma nelle conclusioni prese all’atto formale di citazione rinnovata la protesta delle spese evacate.

Si può dunque, a buona ragione, ritenere confermato l’errore presente nella richiesta della Chiesa di Squaneto : l’amministrazione avrebbe ricevuto, in due distinte date, prima del 1881 e poi nel 1882, le somme di trenta e venti lire, per un totale di cinquanta lire, confluite in un unico acconto segnato su una ricevuta che reca la data del 19 dicembre 1882. Di conseguenza, la richiesta della Ferraro doveva essere fondata: la somma dovuta dai Caito, alla Chiesa di Sant’Anna non era di 255 lire, la di 225. Il processo, intanto, prosegue con l’udienza del 9 gennaio 1885, nel cui verbale è riportata la replica dei Caito:

I convenuti deliberando sulle risposte orali dell’attore, osservano

Che l’interrogatorio di cui in comparsa 12 ottobre 1884 rifletteva due punti di fatto, il 1relativo alle £50 avute nel 19 ottobre 1882, il secondo alla dichiara del residuo di £70 per fitti scaduti e su questo l’attore non avrebbe risposto; la mancanza quindi di risposta per parte dell’Interrogato su questo punto devesi ritenere come un rifiuto di risposta; e siccome i fatti su cui la parte ricusa di rispondere si hanno per ammessi a termini dell’art.218. COD. di. Proc.Civ, resta così stabilito che nel 19 ottobre 1882 i fitti arretratisi residuano per dichiarazione dell’attore alla somma di £70. Che l’attore nella sua domanda avrebbe portato in conto altra somma di £20 pagatogli nel 1884 cosicché il debito dei fitti si residuerebbe a £50. Non vale che abbia preteso correggere l’asserto errore di data nella ricevuta delle £20 che si vorrebbero pagate invece nel 1882 e comprese nelle £50 abbia ricevuto secondo le risposte date dall’attore per iscritto – perché di ciò non avrebbe lo stesso attore più fatto menzione nelle sue risposte orali, e perché ad ogni modo tratterebbesi di una rinnovazione della confessione scritta precedente, che non è rivocabile a termini dell’art.1360 1 capoverso se non si prova ch’essa fu la conseguenza di un errore di fatto, e questa prova non fu somministrata che per quanto rispetto al 1 punto dell’interrogatorio non vale la dichiarazione che le £50 fossero per fitti decorsi durante l’amministrazione dell’attore Lequio, perché i pagamenti delle annate posteriori fanno presumere quelli delle annate anteriori, ed è per tratti di buona fede che i convenuti accennarono altresì alla dichiara dei fitti allora rimasti di £70 e su cui l’attore ricusò di rispondere. I Convenuti non dissentono di pagare quanto devono in capitale e interessi

Ma per gli interessi devesi tener conto delle premesse osservazioni, e pel capitale invitano sia data loro comunicazione dell’atto 18 ottobre 1851 firm.to Spingardi. Viene ancora comunicato, riservandogli dopo quelle maggiori deliberazioni che saranno del caso e di produrre anche abbondantemente la già invocata citazione debitamente regolarizzata a spese di Lequio.

Colla protesta dei danni, vacati e spese

Come si evince dal testo sopracitato, Teresa Ferraro contesta un ulteriore elemento delle dichiarazioni dell’attrice: le 20 lire pagate nel 1884 non sono da considerarsi parte delle 50 ricevute in acconto sugli interessi, ma la cifra pagata a tutti gli effetti in più oltre a queste. In particolare, la convenuta adduce il riferimento all’art.1360c 1 del Codice di Procedura Civile, secondo il quale non era possibile revocare una dichiarazione per iscritto in precedenza se non in seguito a un errore di fatto, mai provato in questo caso.

Inoltre, Teresa sottolinea che la parte avversa non ha replicato alla menzione di ulteriori 70 lire di fitti arretrati sempre dovuti alla Cappella di Squaneto, quindi, agli effetti dell’art.218 del Codice di Procedura Civile, che faceva valere l’istituto del silenzio assenso, la presenza di tale somma dovuta sarebbe stata da ritenersi attendibile. Le 20 lire avrebbero dovuto essere decurtate da queste 70: il debito dei Caito si sarebbe dunque ridotto a 50 lire. La convenuta chiedeva poi copia dell’istrumento di vendita del 1851 per visionarlo. Il priore della Chiesa, il 23 gennaio successivo, invocava invece proprio l’errore di fatto, sostenendo che il riferimento al  pagamento di 20 lire avvenuto nel 1884 sarebbe stato da ritenersi non valido. Chiedeva a Teresa Ferraro di giurare di aver, in effetti, pagato più di 50 lire:

……………………..

Dopo aver ricevuto copia dell’istrumento 18 ottobre 1851, la parte convenuta riportò alla luce alcuni particolari, dei quali la Cappella di Squaneto sembrava non aver tenuto conto:

 

La convenuta Ferraro Teresa restituisce l’instrumenti 18 ottobre 1851 r.to Spingardi avuto in comunicazione ed osserva

Che dalle risultanze di quest’atto appare come a conto delle £500 prezzo sugli utili ivi depositi ebbe il di lei autore a pagare Lire cento in tavola sborsate all’atto stesso e dall’amministratore D Reverdito ritrovate e ritenute presenti e videnti il Notajo e terzi nomi, dimodoche il capitale si residuò a £400 per cui si promise l’interesse legale del 5%. Sono dunque £400 non 500 che avrebbe dovuto domandare il Signor Lequio a titolo capitale; La malafede della domanda attrice sorge anche dall’omessa comunicazione dell’atto in principio di causa e perciò il Lequio dovrebbe ancora presentare le carte giustificative della debita autorizzazione per la riscossione del capitale di cui trattasi, della quale autorizzazione la convenuta ha giusto motivo di dubitare; e quanto agli interessi non vale conseguentemente le pretese attribuite in base al capitale anzidetto che per l’esposta ragione dovendosi ridurre a £400 devesi proporzionalmente ridurre anche l’interesse. Ne ammissibile si presenta il deferto giuramento per non essere stato sottoscritto dalla comparsa, ed anche in merito perché vi osterebbe la contraria confessione scritta, e ad ogni modo la prescrizione quinquennale che a cautela si invoca.

………

Con questo verbale, vergato dallo stesso Pretore Bottigella, molti elementi cambiano; come si legge, Antonio Caito avrebbe versato, all’atto della stipula del contratto, 100 lire all’amministratore Reverdito. Di conseguenza la somma dovuta alla Chiesa si sarebbe ridotta a 400 lire in sostituzione delle 500 richieste in origine. Anche gli interessi, quindi, del 5% su tale importo, avrebbero dovuto essere necessariamente ricalcolati. Viene respinta, come illegittima, la richiesta di giuramento e contestata l’azione legale intrapresa dalla parte attrice, perché viziata da irregolarità, anche per la mancanza di prove comprovanti la  conformità della domanda. Di fronte a tali obiezioni, il 13 febbraio Francesco Lequio replicava in questo modo:

Il rappresentante dell’attrice riconosce l’errore materiale accorso nella domanda rispetto al capitale proposto a £500 e lo riduce a £400 in base alle risultanze dell’atto 18 ottobre 1851.

A difesa di moralità e per propria giustificazione contro l’accusa di malafede che respinge, fa osservare che egli avrebbe desunto il credito della cifra segnata sul registro lui trasmesso dal predecessore. Egli non aveva visto mai l’atto costitutivo copia del quale fu rilevato solamente il 20 gennaio corrente anno come lo prova il certificato del conservatore dell’archivio e per soddisfare alla domanda della convenuta. A seguito della prescrizione quinquennale invocata dalla Ferraro riduce del pari la domanda degli interessi alla somma di lire cento corrispondente alle cinque annualità al 5% sulle £400 capitale, non dissente produrre come presente l’autorizzazione ottenuta per la riscossione del ripetuto capitale, eliminando così qualunque eccezione al riguardo. Sostiene essere inattendibile l’eccezione avversaria riguardo l’ammissibilità del giuramento, questo fu dedotto dal rispondente e da lui stesso presentato in persona all’Ufficio obbedendo al disposto dell’articolo 421 Cod.Proc.Civ.e

Gli Inter pagati si imputano in quelli maturati anteriormente al quinquennio giusto le norme di legge.

Ripetendo pertanto la istanza pel giuramento dedotto alla convenuta, il rappresentante della attrice riforma le proprie conclusioni nel modo seguente.

Condannarli la Teresa Ferraro nella qualità di cui si atti a pagare alla Cappella di Sant’Anna in Squaneto Spigno e per essa al Priore autorizzato il capitale di lire quattrocento residuo prezzo portato dallo atto 18 dicembre 1851 cogli interessi di un quinquennio ed interessi di questi della domanda giudiciale, colle spese tutte del giudizio e vacati per i quali si rinova la protesta.

Il processo sembrava quindi essere giunto a una svolta: accogliendo le osservazioni della controparte, la Chiesa chiedeva la restituzione del capitale, pari a 400 lire e gli interessi maturati in un quinquennio al 5% su tale somma, oltre agli interessi maturati alla data della domanda che aveva dato inizio al procedimento. In quanto alla richiesta di giuramento, questa veniva rinnovata e ne veniva rivendicata la legittimità sulla base dell’art.421 del Codice di Procedura Civile.

Il 27 febbraio Teresa Ferraro aggiungeva nuovi elementi, desunti dal verbale della riunione che l’amministrazione della Chiesa di Squaneto tenne nella Curia vescovile di Acqui il 19 aprile 1883; da quel momento con ogni probabilità, prese le mosse l’azione legale intentata dal priore Lequio.

 

La Ferraro Teresa ……osserva che dall’atto o verbale d’adunanza dell’amministrazione della Cappella di Sant’Anna nella Curia vescovile d’Acqui 19 aprile 1883 risulta che fra l’elenco dei debitori figura il Caito Eredi fu Antonio per un capitale di £400 frattanto l’interesse di lire annue venti, e che l’attuale Priore Lequio mentre si diede carico di £205,40 ricevute da varii debitori accettò l’incarico d’esigere quanto li debitori dovessero alla Cappella, di chiarirne le rispettive partite, e renderne a suo tempo informati gl’amministratori, come l’ordinario diocesano.Dunque il Priore Lequio che presenziò e sottoscrisse il presente atto non avrebbe dovuto ignorare che non £500 ma solo 400 devono gli eredi di Caito Antonio alla Cappella di Sant’Anna. Egli dice nella sua comparsa 13 febbraio che avrebbe desunto il credito dalla cifra segnata sul registro a lui trasmesso dal suo predecessore e che non aveva mai visto l’atto costitutivo. Della citazione 24 ottobre 1884 oltre il capitale di £500 ne domanda gli interessi dalli 18 ottobre 1872 in poi a £25 annue.

Successivamente ammise d’aver avuto £50 per interessi maturati sotto la sua amministrazione, e così nell’ultimo quinquennio, mentre la Ferraro era sempre debitrice degl’interessi anteriori. Ma la comparente ebbe pure ad interrogare il Lequio sulla da lui calcolata somma di £70 di fitto scaduto che restava ancora quando si espresse nella quietanza passatagli il 19 ottobre 1882 e su di cui l’interrogatorio deve avergli per ammesso come fu dimostrato in precedenza; da queste assente £70 deducendo £50 calcolare in più per conseguenza naturale del premesso errore sull’entità della rendita in dieci anni fino al 1882 e £20 ammesse nella citazione stessi come avute a conto sarebbe pagato tutto l’importo degl’interessi fino al 19 ottobre 1882 e resterebbero ancora le £50 admesse ed apparenti dalla ricevuta suddetta da conteggiarli dalla rendita posteriore e così ancora in credito la comparente alla data della citazione 24 ottobre 1884.

…………

Sul verbale al quale Teresa si riferisce sarebbe stata presente una chiara menzione di quanto dovuto dalla sua famiglia all’attrice: 400 lire di capitale per l’acquisto degli immobili con gli interessi di venti lire l’anno. Appare effettivamente poco probabile o degno di fede il fatto che il Francesco Lequio fosse all’oscuro di queste informazioni, visto che, proprio durante l’assemblea dell’amministrazione, accettò l’incarico di riscuotere le somme dovute dai debitori per conto della Chiesa. Appare, allo stesso modo, scarsamente attendibile la giustificazione del Lequio secondo la quale avrebbe desunto i dati delle 500 lire e dei relativi interessi da un registro trasmesso a lui dal suo predecessore. Inoltre Teresa Ferraro gli contestava un abuso di potere, poiché, secondo quanto contenuto nel verbale del 1883, egli sarebbe stato incaricato a esigere le somme derivanti dagli interessi e non il capitale. Inoltre, con le somme debitamente versate, i Caito avrebbero saldato il debito sugli interessi maturati fra il 1872 e il 1882. Sarebbero rimaste soltanto 50 lire ancora da pagare. Il 12 aprile 1885 venne pronunciata la sentenza che pose termine a questo primo grado di giudizio. L’atto elenca i documenti probatori emersi durante il procedimento dei quali si era tenuto conto:

I strumento del 18 dicembre 1851 copia del verbale 19 aprile 1885 estratto dall’archivio della Curia Vescovile di Acqui.

L’attore conchiude

Ammettersi il seguente capo di giuramento.

Giuri essa Teresa Ferraro e giurando affermi che dopo la morte del proprio marito Caito Antonio abbia pagato agli amministratori della Cappella di Sant’Anna a titolo degli interessi sul capitale delle £400 una somma maggiore di £50. Condannarsi la Teresa Ferraro nella qualità di ivi detti atti a dover pagare alla Cappella di Sant’Anna in Squaneto-Spigno e per essa al Priore autorizzato il capitale di £400 residuo prezzo portato dall’atto 18 dicembre 1851 cogli interessi di un quinquennio ed interessi di quota della domanda giudiciale, colle spese tutte del giudicio e vacati che protesta

La Convenuta conchiude

Reietto il giuramento defertole dall’attrice assolversi dall’avversaria domanda, colle spese.

Queste le conclusioni del Pretore:

Ritenuto che l’Attrice chiede alla convenuta il pagamento di £400 capitale portato dall’istrumento 18 dicembre 1851 cogli interessi dell’ultimo quinquennio, a che il deliberato non è dalla convenuta contestato.

Che il verbale 19 aprile 1883 estratto per copia dall’archivio della Curia vescovile di Acqui da facoltà al Priore della Cappella, Lequio Francesco, di esigere tanto il capitale che gli interessi di cui si tratta.Pertanto in ordine agli interessi che la convenuta ha invocato  la prescrizione quinquennale e che d’altronde l’attrice ha riformato non senza espresso le sue conclusioni. Che però le parti non sono d’accordo sulla somma pagata in conto interessi ci occorre anzitutto accertarla sia per dedurre la quantità tuttora dovuta sia per determinare l’epoca esteriormente alla quale gli interessi non colpiti da prescrizione quinquennale.

Che a tal uopo si presenta ammissibile perché conchiudente il giuramento deferto dall’attrice

Per questi motivi

Reietta ogni istanza contraria

Condanna la Convenuta a pagare all’Attrice lire quattrocento capitale portato dall’istrumento 18 dicembre 1851 rag. Spingardi.

Manda alla Convenuta di portare il giuramento defertole dall’Attrice e sutrascritto. E per la prestazione del giuramento stesso fissa l’udienza del 2 mercoledì scaduto il termine dell’appello. Spese del giudizio liquidate in lire 47,40 metà a carico della Convenuta le altre a quelle del presente riservate.

Quindi la sentenza accoglieva la domanda dell’Attrice: riteneva legittima la facoltà del Priore Lequio di riscuotere sia gli interessi sia il capitale di 400 lire, che Teresa doveva pagare. Le intimava, inoltre, di prestare il giuramento richiesto dalla controparte il secondo mercoledì dopo il termine dell’appello. La pretura di Spigno formulava poi le spese processuali totali in lire 47,40 da dividersi tra le parti.

Sei anni dopo la pronuncia della suddetta sentenza, la causa fu riaperta poiché i Caito non avevano ottemperato a quanto disposto e, di conseguenza, furono di nuovo citati in giudizio dal nuovo Priore della Cappella di Squaneto, Antonio Marengo, il 24 aprile 1891. Questa volta i convenuti erano due: Teresa Ferraro e suo figlio Andrea Caito, che nel 1891 aveva raggiunto la maggiore età e, in quanto erede del padre, avrebbe dovuto farsi carico dei suoi debiti. Essi avrebbero dovuto comparire in udienza il 6 maggio alle ore otto;

…………………..

Le richieste che la Chiesa di Squaneto tornò ad avanzare riguardavano, come è prevedibile, il pagamento del capitale di 400 lire e dei relativi interessi al 5% per un quinquennio. A questi ultimi venne data la priorità: si pretendeva anzitutto la loro restituzione, per la somma di 100 lire, per poi recuperare, in un secondo momento, il capitale. Inoltre, si chiedeva la partecipazione della parte convenuta al pagamento della metà delle spese processuali, per un valore di 23,70 lire. Il 6 maggio fu ascoltata la parte avversa, nella persona di Teresa, l’unica a essere comparsa. Andrea non si presentò all’udienza. Le dichiarazioni di sua madre sono riportate nel relativo atto:

La correa Ferraro Teresa…in via pregiudiziale impugna di nullità l’atto di citazione succitato perché la rispondente da oltre due anni tiene una residenza fuori della giurisdizione del mandamento di Spigno e nel mandamento di Dego, quindi la citazione fattale sulle fini di Spigno sarebbe viziata di nullità e come per altri motivi nel merito

…………………..

In questo documento compare il nome del legale che assisteva i due convenuti, denominati correi a causa della sentenza di condanna pendente su di essi; si trattava dell’avvocato Airaldi, che in primo luogo sosteneva il pagamento di una parte degli interessi effettuato da Andrea Caito negli anni intercorsi fra i due giudizi. Venivano addotte, poi, due obiezioni di carattere formale: la Pretura di Spigno non avrebbe dovuto emanare l’atto di citazione ai Caito, poiché essi affermavano di aver trasferito la propria residenza da almeno due anni, quindi presumibilmente nel 1889, fuori dal mandamento di Spigno, e in particolare nei fini di Dego, da cui proveniva Teresa. In secondo luogo un’ulteriore condanna eventualmente inflitta ai convenuti sarebbe stata da ritenersi illegittima nel merito, sulla base dei principi del diritto ne bis in idem; esso non ammetteva, infatti, che un giudice si esprimesse due volte sulla stessa azione.

In un documento a parte, sempre relativo all’udienza del 6 maggio, le parti presentarono documenti da assumere come probanti:

……………..

La citazione viene dunque rinnovata e l’atto della successiva udienza, datato appunto il 22 maggio, vede queste affermazioni confutate dall’attrice

……………….

Come si può comprendere, le confutazioni della Chiesa di Sant’Anna appaiono puntuali e specifiche: nessun acconto o pagamento da parte di Andrea Caito sarebbe stato segnato sui registri contabili, anzi l’attrice chiedeva che venisse aperta, contro il figlio di Teresa, un’ulteriore causa, parallela a quella principale, di contumacia, vista la sua assenza alla precedente udienza del 6 maggio. Anche l’elemento del cambio di residenza non avrebbe dovuto essere accolto come circostanza atta a rendere nulla la citazione dei convenuti, in quanto, secondo l’art.18 del Codice Civile, una vedova manteneva la medesima residenza del marito fino a prova contraria, da presentare secondo quanto indicato nell’art.17. Antonio Marenco, in rappresentanza della Cappella, sosteneva dunque che la citazione fosse regolare

…………..

Il 6 giugno il Pretore Bottigella pronunciò la seguente sentenza, preceduta da tali premesse:

Visti gli atti della causa, la Sentenza di questi ufficio 1 aprile 1885 registrata a Spigno il 12 aprile 1885 con £2,40, il verbale d’istruttoria 6 maggio 1891 debitamente notificato al non comparso Caito Andrea, l’attrice conchiude

Rejette le avversarie esecuzioni della Teresa Ferraro proposte è riunita a questa causa del contumace Andrea Caito come da rinnovata citazione

Condanna i convenuti al pagamento all’attrice I £100 interessi dell’ultimo quinquennio dal 1 aprile1885 al 1 aprile 1890, II £23,70 metà spese del primo giudizio III degli interessi decorsi di tali due somme dalla domanda giudiziale e decorribili fino al pagamento

La convenuta Ferraro conchiude

Rejetta ogni avversaria istanza, in via principale assolversi dall’osservanza del giudizio , nel merito, assolversi  dalla domanda di £400, e di £23,70 metà spese del precedente giudizio, ammettersi l’interrogatorio come dedotto- Protestate spese e il figlio Caito Andrea non è comparso.

Ritenuto che non comparso il convenuto Caito Andrea venne ordinata la di lui citazione per l’udienza del 22 maggio alla quale pure non comparve, ne personalmente ne per mezzo di Procuratore;

Ritenuto che l’attrice domanda, non il capitale di £400 portato da precedente sentenza di questo ufficio 1 aprile 1885, ma solo gli interessi del quinquennio e metà delle spese portate da detta sentenza;

Ritenuto che la convenuta comparsa deduceva un interrogatorio all’attrice, tendente a stabilire pagamenti fatti in conto ai Priori della Chiesa di Sant’Anna

Che accusa anzitutto che l’attrice risponda oralmente al dedotto interrogatorio che è conchiudente ed ammissibile

Per questi motivi

Dichiara

Riunite le cause contro la comparsa Ferraro Teresa con quella contro Caito Andrea non comparso, o manda prima ed avanti ogni cosa all’attrice di rispondere oralmente all’interrogatorio dedottole del seguente tenore:

Risponda sia o non sia informata che il correo di lei figlio Andrea dopo la sentenza di condanna primo aprile 1885 di questa pretura abbia pagato di queste annualità interessi a mani degli antecedenti Priori di detta Chiesa campestre. Fissa a tale oggetto l’udienza del secondo venerdì decaduto il termine per  l’appello speso e riformato.

La deliberazione principale della Pretura riguarda l’interrogatorio richiesto dall’attrice, a cui avrebbe dovuto sottoporsi la parte convenuta il 14 agosto. Dall’atto corrispondente si evince che i Caito non si presentarono, motivo che spinse il Pretore a rinviare l’udienza

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La sentenza definitiva, che pose fine al processo, fu pronunciata il 26 agosto 1891

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Condannando i Caito a ottemperare alle richieste della controparte, la Pretura produsse infine la Notificanza di Sentenza e Precetto mobiliare, ultimo documento del fondo relativo al processo:

L’anno mille ottocento novantuno ed alli Ventisette di ottobre in fini di Spigno Monferrato

Ad istanza dell’Amministrazione della Chiesa di Sant’Anna di Squaneto-Spigno in persona del suo Priore Antonio Marenco residente in Squaneto Spigno ed ivi domiciliato presso la sua persona e casa di abitazione.

Io Ermenegildo Salvaneschi usciere giudiziario alla seconda pretura di Spigno Monferrato ho in oggi notificato a Ferraro Teresa ved, Caito Andrea fu Antonio, domiciliati ai fini di Spigno M.to copia dell’avanti stesa Pretoriale Sentenza in data 26 agosto debitamente registrata ed in forma esecutiva siccome ricopiata il 17 settembre scorso Samesi cancelliere e ciò per ogni effetto di legge.

E tale modifica sa premessa all’appoggio dello stesso titolo esecutivo, ho fatto ingiunzione e precetto alli stessi Ferrero Teresa e Caito Andrea di pagare positivamente alla controparte nel termine di giorni cinque prossimi le seguenti somme, cioè

1 Interessi e spese a cui resero contanti con detta sentenza £123,70

2 Spese di giudizio liquidate £85

3 Sentenza e registrazione £4,80

4 Carta e copie sentenza tre £ 16,80

Totale £ 230,30

Con diffida mento che trascorso tale termine di giorni cinque, senza che essi Ferraro e Caito abbiano effettuato tale pagamento, si procederà senz’altro contro di loro nell’esecuzione forzata coi mezzi della legge autorizzati per la via mobiliare.

In forma esecutiva di detta sentenza in una copia del presente mio atto l’ho oggi notificata alli prementarati Ferraro Teresa e Caito Andrea, consegnando ne una copia per caduno di essi al loro domicilio legale in Comune di Spigno M.to ed a mani del loro vicino d’abitazione Marenco Gio Batta, il quale sottoscrisse meco il presente atto, e ciò per non aver trovato ne essi Ferraro e Caito personalmente e nemmeno alcuni di loro famiglia od addetti alla loro casa a servizio per consegnare la copia stessa.

 

La somma che, alla conclusione del procedimento, i Caito dovevano pagare alla Chiesa di Squaneto ammontava a 230,30 lire . La notifica della sentenza fu consegnata dall’usciere Salvaneschi a Giovanni Battista Marenco, vicino di casa dei convenuti. Ogni notifica, per tutto il corso del processo, fu sempre consegnata a quest’ultimo, poiché Andrea e Teresa non si trovavano mai a casa, essendosi trasferiti a Dego.

Non è dato sapere se essi saldarono effettivamente il debito contratto con l’amministrazione della Chiesa di Squaneto, oppure se la questione venne lasciata decadere. Non vi sono altri atti che facciano presumere la prosecuzione di un procedimento legale.

Con ogni probabilità, tuttavia, la famiglia Caito continuò a conservare i propri beni immobiliari a Squaneto in Pian Castagna, come dimostrano i registri catastali relativi alle proprietà del loro erede Giacomo Caito.

 

 

 

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